LETTERATURA D’EMIGRAZIONE COME REINVENZIONE IDENTITARIA
L’incontro tra studenti e autori
Laura Tussi
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LETTERATURA D’EMIGRAZIONE COME REINVENZIONE IDENTITARIA
L’incontro tra studenti e autori


di LAURA TUSSI


Il progetto Migrazione e Letteratura. La parola come luogo d'incontro, promosso dalla Fondazione ISMU nell'ambito del Settore Scuola-Formazione, prende avvio dalla consapevolezza che incoraggiare la diffusione della letteratura della migrazione é un apporto fondamentale alla conoscenza delle persone di altri paesi e culture che oggi vivono insieme a noi.
Soltanto la poesia e la narrazione letteraria, come dice T B. Jelloun, possono essere in grado di dire e far vedere  pensieri più nascosti, i sogni, i desideri, la solitudine, quella parte di vissuto più segreta che sempre accompagna chi cambia lingua e paese.
Il desiderio di prendere parola, di farsi conoscere attraverso la scrittura e il fascino della nuova lingua  hanno dato origine ad altri ritmi, ad altre musicalità, alla  proposta di immaginari diversi e, soprattutto, all'ampliamento della parola in una nuova possibilità comunicativa e d'incontro.
Oggi assistiamo a un fenomeno di migrazione di vastissime dimensioni, una immensa diaspora che porta qua e là ondate di popolazione mosse da cause assai varie: fuga dalla guerra e dal bisogno ricerca di sicurezza fisica ed economica, ma anche movimento verso mondi più dinamici, al seguito di spinte di reinvenzione identitaria o altre, mille motivazioni diverse.
Che funzione e che posizione hanno gli scrittori all'interno di questo quadro, e come nascono   nuovi scrittori, artefici in lingue nuove, figli dell'ibridazione e della trasmigrazione? Che cosa significa la scrittura, per loro e per altri migranti, come pure per chi abita in un paese in qualità di residente radicato da generazioni? E come gioca, in questo insieme dinamico, la rappresentazione del sé culturale che immancabilmente offrono gli scrittori, che Hannah Arendt ha definito "visitatori del futuro"?
Non è difficile individuare i tratti più significativi che accomunano tutti gli scrittori black, cioè neri, che contribuiscono a definire i temi della narrativa della Black Britain.
Possiamo osservare, innanzi tutto, un interesse critico nei confronti dell'identità e della sua relazione con le varie problematiche della nazionalità e della cittadinanza. Inoltre si ritrova un 'attenzione speciale alle modalità con cui il paesaggio urbano influenza le scelte e le vicende dell'individuo; un interesse marcato per l'analisi della migrazione e delle sue conseguenze sulla società britannica; e, infine, un interesse primario nei confronti del linguaggio e della psicologia di personaggi neri caratterizzati dal fatto di essere cresciuti in Gran Bretagna.
Le varie combinazioni di queste caratteristiche hanno cominciato a delineare una nuova tendenza nell'ambito della letteratura britannica contemporanea, sebbene editori e librai siano stati lenti ad accoglierla.
Le questioni che ne emergono saranno cruciali per il futuro del mondo del ventunesimo secolo - il rapporto tra nazionalismo, etnia, nazionalità e cittadinanza; tra povertà e ricchezza; tra realtà e mito, e tra. diverse identità in conflitto, sia pubbliche sia private. Sono le questioni che inevitabilmente comunità non coese e frantumate si troveranno ad affrontare, comunità dai margini indistinti, dal centro di. incerta provenienza, incapaci di controllare la manipolazione della propria identità. Per gli scrittori che sono cresciuti e vivono in Gran Bretagna, tali realtà concrete sono fondamentali per la vita al di fuori della pagina stampata e rappresentano il materiale di costruzione della narrativa della Black Britain. Se di movimento si tratta, esso è nato ed è stato guidato dai bisogni specifici delle comunità della Black Britain oltre i limiti tracciati dalla razza e dal razzismo. Questo fatto, che ha creato e preservato la letteratura della Black Britain, rende tuttavia difficile circoscriverla all'interno delle categorie tradizionali dell'identità nera e britannica, sebbene essa si occupi proprio di questo.
La letteratura italiana sarà destinata ad aprire le frontiere per accogliere letterati, non più di origine italiana, ma che hanno trovato in Italia e nella lingua italiana una seconda patria, diventando così italofoni.
Questa evoluzione è già in atto nei paesi coloniali, come la Francia; dove la letteratura beur, cioè le opere in francese scritte da letterati provenienti dal Maghreb sono già un fenomeno affermato e di successo, come dimostra lo scrittore Tahar Ben Jelloun.
Oppure nel Regno Unito dove esistono esempi illustri come Salman Rushdie.
In Italia quella della migrazione è una letteratura emergente, ed i primi esempi di scrittura italofona si hanno all'inizio degli Anni '90, con Saidou Moussa Ba con "La promessa di Hamadi", Salah Methnani con "Immigrato", Pap Khouma con "Io venditore di elefanti", dove però la scrittura è a quattro mani, cioè con l'intervento linguistico di un intellettuale italiano.
L'evoluzione si ha con gli autori che hanno partecipato al premio Eks&Tra dal 1995 ad oggi, perché questi scrittori si appropriano della lingua italiana considerandola "lingua dell'ospitalità". Inoltre non c'è più l'intervento invasivo di un intellettuale italiano che corregge e trasforma lo stile.
L'attenzione della mia relazione verterà su questi scrittori, sul perché hanno deciso di scrivere in italiano, se si considerano italofoni oppure se sono artefici di una “nuova lingua”.
La letteratura della migrazione non si presenta piatta e uniforme, nè è assimilabile a una testimonianza di vita vissuta, quindi senza alcun elemento di letterarietà, che anzi la sperimentazione di forme e linguaggio sono ben presenti nelle opere più significative.
Come esemplificazione si presentano tre testi, un racconto e due romanzi significativi proprio per la loro organizzazione strutturale che rendono evidente la consapevolezza da parte degli autori di voler fare opera letteraria.
Il primo testo che si propone come analisi è un testo di Wakkas presentato al concorso Eks&Tra nel lontano 1995. Si tratta di "Io marokkino con due Kappa" ( dal volume “le voci dell'arcobaleno”, Fara editore 1995).
La caratteristica del testo, oltre alla facilità inventiva della fabulazione, sta nella circolarità dell'organizzazione narrativa. Suddiviso in parti è possibile iniziare a leggere il testo da ciascuna di esse e finire con la parte che immediatamente precede.
Il secondo testo che si prende in esame è il romanzo di Jadelin Gangbo "Rometta e Giulivo". Il titolo immediatamente rimanda all'opera di Shakespeare. Elementi caratteristici di questo romanzo stanno nel proporre uno spaccato sociale ove problematiche di costruzione del multiculturalismo sono state abbondantemente superate in un linguaggio che gioca su due binari. Uno basso popolare, ed un altro elevato arcaico e la singolarità del narratore che si pone da una parte come voce costruttiva della narrazione e dall'altra diventa personaggio ai fini della risoluzione della vicenda.
L'ultimo testo che si prende in esame è quello di Artur Spanjolli e del suo romanzo "Cronaca di una vita in silenzio" (Besa 2003). Si vedrà la sua struttura a 'raggiera' ove il centro è dato da un personaggio che non c'è, e tuttavia è attraverso lui che la storia di una saga familiare si costruisce.
L'italiano ed il tedesco sono due lingue dell'attuale Unione Europea che stanno arrivando tra le ultime a darsi una memoria interculturale. Altre lingue europee come l'inglese, il francese, lo spagnolo, il portoghese o l'olandese si sono aperte all'estraneo, al diverso, ormai da secoli, ma attraverso la violenza coloniale. Il tedesco e l'italiano vi stanno giungendo per esperienze diverse e soprattutto senza alcuna violenza sugli autori chesi dedicano alla scrittura interculturale. La loro potrà essere stata una scelta sofferta, ma sempre positiva perché è avvenuta in nome di un futuro comune e non di un passato da sanare.
La diversità delle cause e dei fini spiega perché i temi della letteratura interculturale in lingua italiana o in lingua tedesca sono così diversi da quelli delle letterature interculturali nate in contesti postcoloniali. Ma se i contenuti sono diversi, le strategie di scrittura per far nascere una memoria interculturale in lingua madre o nella lingua scelta, sono spesso molto simili.
Nel corso del mio intervento mi soffermerò su due strategie di scrittura interculturale: le latenze linguistiche e la parola vissuta. Le latenze linguistiche si riscontrano nelle opere di chi non scrive in lingua madre. Esse sono portatrici di memoria storico-culturale. La parola vissuta ritorna nelle opere di chi scrive in lingua madre pur vivendo fuori dalla sua cultura. La parola vissuta marca foneticamente l'apertura della lingua madre ad una quotidianità ad essa estranea.
Per presentare le due strategie mi servirò di esempi presi dalle opere di scrittori e scrittrici interculturali che vivono in Italia come Thea Laitef o in Germania come Marisa Fenoglio.
Scoprire la capacità di seduzione di altre narrazioni, di altri modi del narrare e avvicinarsi, senza mediazione alcuna, alle storie dei protagonisti della nuova realtà multiculturale italiana. Questa è l'idea guida attorno alla quale si è costruito il nostro progetto nelle scuole, nel tentativo di voler percorrere strade didatticamente meno consuete.
Prima l'incontro "virtuale", attraverso la lettura di poesie e racconti, poi quello reale, di persona, fra studenti e autori. Incontri fatti di scoperte, nuove conoscenze ed emozioni che hanno dato l'avvio ad un viaggio di conoscenza di altri, ma anche di sé, grazie allo sguardo reciproco.
Sono stati proposti testi di autori e autrici di altra madre lingua, che ora scrivono in italiano, lasciando agli studenti la libertà di addentrarsi nella narrazione letteraria e di proporre, come ognuno ha ritenuto opportuno, interpretazioni ed elaborazioni personali. Inaspettati sono stati il coinvolgimento e l'impegno, così come inaspettati e inconsueti i risultati.



 


Laura Tussi


email: tussi.laura@tiscalinet.it  



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