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Scuole etniche e intercultura nella scuola pubblica
di Luigi Ambrosi
Scuole etniche a Milano ne esistono da tempo, quella ebraica, quella egiziana di via Quaranta, le diverse scuole che fanno capo ai consolati occidentali, così come esistono quelle di taglio confessionale come le scuole private di stampo cattolico.Anche i cinesi cercano da anni di fare scuole etniche, per ora si accontentano di spazi angusti al sabato.
I tentativi della scuola pubblica di accogliere i bisogni culturali degli stranieri in Italia sono affondati da anni, coi tagli ministeriali alla mediazioni culturale, con la mancata convocazione della commissione ministeriale relativa all'intercultura ed una qualsivoglia progettazione, con lo storno dei fondi della legge 40 da parte della Regione, e con gli ostacoli creati dal Comune alla concessione degli spazi scolastici ed altro.
Cosa resta da fare ad una famiglia cinese, araba, amerinda, che pure paga le tasse e quindi finanzia la scuola pubblica, che non vede soddisfatti i bisogni di salvaguardia della lingua e cultura d'origine, e di religione nel caso delle famiglie islamiche?
La scuola di via quaranta nasce come scuola consolare; cosa si insegna nelle scuole italiane all'estero? Non credo che nelle scuole italiane in uno stato islamico si insegni l'Islam. Pur essendo contrario alle scuole etniche, ritengo legittimo il diritto delle famiglie di origine straniera di veder riconosciute le loro culture; oppure teorizziamo la colonizzazione e plagio culturale dei loro figli?
E la scuola non deve essere di mercato, quindi al servizio dei bisogni dell'utenza? Se l' utenza è di origine straniera, che la scuola si adegui... Onestamente, possiamo andare oggi da queste famiglie e garantire loro che la scuola andrà incontro ai loro bisogni, che vi saranno due-tre ore settimanali di lingua d'origine, che ci sarà spazio per storia e geografia dei loro paesi, e che un imam potrà svolgere due ore settimanali di religione islamica a chi ne fa richiesta? Se la risposta fosse positiva non avrei alcuna esitazione a sostenere che tutti gli studenti stranieri debbano frequentare la scuola italiana, ma sappiamo che non à e non sarà così perchè questa classe dirigente non lo vuole.
Proviamo ad immaginare che queste richieste, per altro accolte in altri stati europei (in scandinavia vi sono ore settimanali obbligatorie e curricolari di lingua d'origine...), siano accolte nelle nostre scuole, magari provvisoriamente fuori dall'orario scolastico e/o al sabato. Un imam al sabato mattina in una scuola elementare che fa lezione di religione? Un mediatore culturale che insegna arabo o cinese in una scuola pubblica, magari a stranieri ed italiani insieme, sovvenzionato dal Ministero o dall'Ente locale? Proviamo a far deliberare i Collegi Docenti su ciò ed a richiederne i finanziamenti....
A Milano la realtà è stata che i facilitatori culturali, ponte con le famiglie straniere, sono stati rimandati in classe, quindi i progetti interculturali sono stati affossati, il Comune ha ritirato le concessioni di spazi per la lingua d'origine ai cinesi in scuole pubbliche, spazi che tra l'altro concedeva a caro prezzo... Quindi che la Ministra non si sciaqui la blocca sostenendo che nelle scuole pubbliche si fa integrazione; che si chiariscano le idee se vogliono una società con stranieri ghettizzati oppure plagiati e colonizzati.
Luigi Ambrosi
luigi.ambrosi1@virgilio.it
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