Ricerca della Bocconi e dell'University College di Londra - ''I clandestini più istruiti degli studenti italiani''
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Ricerca della Bocconi e dell'University College di Londra
"Campione non statistico, ma certamente significativo"


"I clandestini più istruiti
degli studenti italiani"



<B>"I clandestini più istruiti<br>degli studenti italiani"</B>

ROMA - Gli italiani sono in media meno istruiti degli immigrati clandestini. E' il dato, sorprendente, che emerge da uno studio di Carlo Devillanova, dell'Università Bocconi, e Tommaso Frattini, dello University College di Londra. Numeri significativi soprattutto se confrontati con i dati Osce sull'istruzione del nostro paese: nella classe di età tra i 25 e i 64 anni, il 41,1% degli immigrati dichiara di essere in possesso di un diploma di scuola superiore, contro gli italiani della stessa età che raggiungono appena il 33%. Ancora, il 12,1% dei migranti che arrivano da noi ha un'istruzione universitaria. Le donne, infine, sono generalmente meglio degli uomini.

Singolare la fonte utilizzata dai due studiosi, ma indispensabile per comprendere le proporzioni del fenomeno. Devillanova e Frattini hanno basato la loro ricerca su 10 mila profili di clandestini che, nell'arco di 18 mesi, si sono rivolti al Naga di Milano, l'associazione di volontariato che presta assistenza sanitaria gratuita ad immigrati irregolari. Ne emerge quindi il limite, ossia il fatto che in termini quantitativi lo studio possa essere considerato semplicemente un campione, esemplare della condizione italiana. "Questo dato - sottolinea Devillanova - va letto con prudenza poiché non c'è una perfetta corrispondenza tra i diversi sistemi formativi". Ad ogni modo, secondo lo studioso, la scolarità degli immigrati è superiore a quella percepita. Questo perché il dato deve essere corretto con la massa dei regolari, che sono generalmente più istruiti dei clandestini.





Così, mentre negli atenei di tutta Italia si discute preoccupati della "fuga dei cervelli", il Paese scopre di possedere un "capitale" non utilizzato. Per il quale l'alta scolarizzazione non si traduce nello svolgimento di lavori corrispondenti. Dallo studio si evince che quasi tutti i clandestini occupati, ossia il 54%, svolgono infatti mansioni elementari - dall'assistenza domestica al facchinaggipo, fino alla vendita ambulante e l'impiego nel settore edilizio. Al contrario, in patria solo il 15% di questi era occupato in lavori simili, mentre più del 5% era insegnante o professore.

"Questo genere di migrazione - sottolinea Devillanova - determina un impoverimento del capitale umano dei paesi di origine (il cosiddetto brain drain), dal momento che migrano soprattutto i più istruiti e un conseguente spreco di questo capitale (il brain waste), quando le loro competenze non sono utilizzate nel paese di destinazione. Tale risultato mette in dubbio anche l'eventuale efficacia di politiche di selezione degli immigrati, dal momento che il loro livello di istruzione è già alto, ma il tessuto produttivo italiano sembra poco interessato alle loro qualifiche".

(19 giugno 2006)

 



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