Aspetti psicologici dei processi migratori al femminile e al maschile – progetto di ricerca per uno studio comparativo di genere.
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IPROGETTO DI RICERCA:
Aspetti psicologici dei processi migratori al femminile e al maschile – uno studio comparativo di genere.
(per ulteriori informazioni: Cecilia Edelstein, phaidon@tin.it)


La migrazione è un processo che inizia ben prima dello spostamento dal paese di origine e forse, una volta iniziato, non si conclude mai. Il migrante è coinvolto in un intero ciclo (Edelstein, 2000a). Il suo processo migratorio inizia con un’idea lontana, a volte formulata in modo astratto; il progetto concreto, la decisione di partire, la partenza, il viaggio, l’arrivo al paese di destinazione, la lunga fase di sistemazione e adattamento in un altro mondo, il progetto o sogno di ritorno al paese di origine sono tutti momenti collegati fra di loro che hanno influenza reciproca (Edelstein 2000b).


Diversi ricercatori hanno approfondito lo studio degli aspetti psicologici del processo migratorio, suddividendolo in fasi (Sluzki, 1979; Sundquist, 1994; Musillo, 1998; Espìn, 1999). Questi schemi enfatizzano l’importanza delle fasi precedenti alla partenza dal paese di origine creando correlazioni tra il vissuto in queste fasi e la qualità dell’adattamento nel paese di accoglienza: il tipo di vissuto e il suo grado di difficoltà prima del vero e proprio trasferimento geografico verso un altro paese sono variabili significative nel prevedere il benessere psicologico e la qualità del futuro adattamento nel nuovo paese di residenza (Portes e Rumbaut, 1996).


Malgrado queste affermazioni, gli studiosi accusano mancanza di approfondimenti psicologici in materia (Kran, 1991; Espìn, 1999) e sembrerebbe che, al momento dell’incontro, operatore e migrante si volgano metaforicamente le spalle: l’immigrato, in un momento di difficoltà, ha lo sguardo dietro verso ciò che ha lasciato, verso i suoi cari; l’operatore rivolge lo sguardo in avanti, con l’aspettativa che l’immigrato si costruisca una nuova vita. (Edelstein, 2000b).


Emerge quindi l’importanza di svolgere uno studio accurato sul vissuto del migrante nelle fasi precedenti alla partenza dal paese di origine. Negli ultimi anni Edelstein ha svolto una ricerca con 100 donne immigrate, raccogliendo i loro racconti di migrazione. La ricerca intendeva studiare il vissuto delle donne nelle diverse fasi del processo migratorio e collegare le fasi precedenti alla partenza con la fase di sistemazione e adattamento. In particolare:



come era nata l’idea di emigrare;
di chi era stato il progetto migratorio;
le ragioni e cause di tale migrazione;
come era stata presa la decisione;
quali erano stati le emozioni vissute e i pensieri nel periodo tra la decisione di emigrare e la partenza;
quanto tempo trascorre durante questo periodo;
quali fantasie avevano le donne riguardo al paese nel quale stavano partendo;
come era stato il viaggio di emigrazione;
il momento dell’arrivo;
il vissuto durante la fase di sistemazione e adattamento;
come tutti questi elementi sono collegati tra di loro;
esiste un progetto o sogno di ritorno al paese di origine?


La ricerca è in fase di stesura finale.


Insieme a relative eterogeneità e ampiezza del campione, l’analisi delle conversazioni rivela una forte omogeneità. Con certe differenze culturali, vari dati sul vissuto della donna nella fase prima dell’emigrazione ritornano ed emerge la curiosità di capire se il vissuto dell’uomo sia diverso e se sì in che frangente, in che modo e come questo incide nell’adattamento nel paese di accoglienza.


In particolare:



la donna non sente che il progetto sia proprio, ma lo adotta e identifica sempre un’altra persona come responsabile e promotrice;
durante la fase tra la decisione di emigrare e la partenza la donna non ha fantasie rispetto al paese di destinazione; i pensieri sono indietro verso ciò che sta lasciando, vive un intenso periodo di addii dai suoi cari e le emozioni sono principalmente di tristezza;
la donna ha bisogno della "benedizione della madre" o dei parenti più vicini per intraprendere un progetto migratorio;
nell’identificare un’altra persona come responsabile dell’emigrazione, in situazioni di difficoltà può "colpevolizzarla" e porsi in posizione di vittima o di chi chiede aiuto;
il lavoro di gruppo si è rivelato un modello che risponde ai bisogni delle donne nella fase di sistemazione e adattamento.
Le ipotesi sollevate sono che in uno studio comparativo di genere emergerebbero delle differenze che incidono nel vissuto:


ipotizzo che l’uomo percepisce il progetto migratorio come proprio;
durante la fase tra la decisione e la partenza fantastica con progressi, i pensieri sono più centrati nel futuro, vive in modo meno intenso i rituali di addio e le emozioni di tristezza si mescolano con quelle di gioia ed entusiasmo;
gli uomini dichiarano di avere meno bisogno della benedizione della madre, e se non ce l’hanno partono lo stesso (pagando un prezzo caro nel futuro);
nel percepire il progetto come proprio, nei momenti di difficoltà l’uomo non ha chi colpevolizzare. Essere partito promettendo "mari e monti" rischia di essere l’inizio del vissuto di fallimento che porta all’emarginazione e autodistruzione;
ipotizzo che gli incontri di gruppo abbiano un’altra funzione negli uomini.
Queste sono ipotesi sistemiche (non inserite all’interno di una metodologia quantitativa).


OBIETTIVI


Il presente gruppo di ricerca intende:



studiare il vissuto dell’uomo riguardo al proprio processo e progetto migratori;
approfondire le fasi precedenti alla partenza dal paese di origine, seguendo lo schema della ricerca sulle donne;
collegare i dati con le fasi successive (l’arrivo, la sistemazione e l’adattamento);
effettuare uno studio comparativo di genere;
verificare l’utilità di percorsi di gruppo con uomini immigrati (vedi paragrafo metodologia – Percorsi di gruppo).


METODOLOGIA


Questa è una ricerca qualitativa che utilizza il metodo narrativo e viene considerata "ricerca intervento" per l’effetto terapeutico che ha la metodologia di lavoro.


Diversi ricercatori osservano che l’utilizzo delle narrazioni di vita sia un metodo di ricerca particolarmente valido quando i concetti esplorati sono nuovi e appartengono a territori sconosciuti per i partecipanti e/o per i ricercatori (vedi ad es. Mishler, 1986 o Riessman, 1993). Altri sottolineano la valenza della narrativa non solo come metodo di ricerca, ma come intervento attraverso il quale si creano cambiamenti (Anderson e Goolishian, 1992). Sottolineava Polkinghorne: "le narrazioni di vita costruiscono e trasformano il passato in un sé coerente" (p.119). Ed Espìn aggiunge l’aspetto curativo che può avere ri-raccontare la propria storia migratoria anche se in un contesto di ricerca.


I dati verranno raccolti in:



  • percorsi di gruppo;

  • interviste qualitative individuali.

a) Percorsi di gruppo:


Edelstein ha sviluppato un modello di lavoro con gruppi di donne migranti, come prevenzione, modalità di ricerca, come intervento terapeutico che risponde ai bisogni della donna migrante nella fase di sistemazione e adattamento (Edelstein, 2000b). Alla fine dell’articolo viene evidenziato l’interesse di provare la stessa modalità di lavoro con uomini. I gruppi favoriscono i racconti e "certi tipi di storie possono solo essere raccontati in momenti sociali particolari" (Plummer, 1995, p.167). Il momento di incontro favorisce e costruisce una narrazione a sé intorno allo specifico tema condiviso dell’immigrazione facendo emergere le differenze personali e sottolineando similitudini.


I gruppi saranno il più eterogenei possibile (età, provenienza, stato di famiglia, permanenza in Italia, livello di studio), avranno circa 15 partecipanti e come obiettivo dichiarato ai partecipanti stessi quello di raccogliere le loro narrazioni di vita e di migrazione per la ricerca in corso.


Ogni percorso avrà la durata di 6 incontri di 3 ore ciascuno e verrà gestito da una coppia di conduttori di gruppo con almeno un maschio. Il ruolo dei conduttori nei gruppi non è solo di facilitare la conversazione e fare emergere le narrazioni; il conduttore "ha la responsabilità etica di rassicurare i partecipanti e provvedere a che le procedure di studio li proteggano dai danni che il racconto di talune esperienze traumatiche può creare" (Espìn, 1999, pag. 43). Il conduttore deve essere in grado di rendere utile alle persone la loro partecipazione, di tessere collegamenti tra le storie per agevolare processi di identificazione positivi, per facilitare la costruzione di nuove relazioni e per rinforzare il passaggio di informazione – elemento importante nella fase di sistemazione e adattamento, fase nella quale i partecipanti al gruppo si trovano. L’esperienza di gruppo deve diventare una risorsa per loro. Il ricercatore deve essere un professionista, esperto in conduzione di gruppi.


Gli incontri verranno videoregistrati, previo consenso dei partecipanti, per agevolare l’analisi della conversazione.


I gruppi verranno costituiti con l’aiuto di operatori di servizi per l’immigrazione quale comunità Ruah, Patronato San Vincenzo, Centri E.D.A. e altri contatti informali.


La partecipazione sarà gratuita e non retribuita ai partecipanti.


b) Interviste individuali qualitative


Sono colloqui basati sulla conversazione come modalità di base dell’interazione umana.


In questi colloqui gran parte delle domande sono aperte e la storia viene co-costruita con l’intervistato. Ad ogni modo, l’intervistatore segue una griglia che ha in testa (vedi allegato n°5).


Esempi di domande aperte: come è nata l’idea di emigrare?; come ha vissuto il periodo tra la decisione di partire e la partenza?


Esempi di domande chiuse: quanto tempo è trascorso tra la decisione di partire e la partenza?; scelga una parole chiave per esprimere l’emozione predominante vissuta in quel periodo; pensa di tornare a vivere nel suo paese di origine?


Verranno intervistati uomini ospiti del Dormitorio del Comune di Bergamo (ex Centro di Accoglienza), utenti del Servizio Migrazioni del Comune di Bergamo, conoscenti (mariti di donne già intervistate, amici di donne del campione della ricerca al femminile, uomini che frequentano luoghi di incontro informale).


BIBLIOGRAFIA


Anderson, H. e Goolishian, H., 1992. I sistemi umani come sistemi linguistici: implicazioni per una teoria clinica. Connessioni, 2, pp.1-29.


Edelstein, C., 2000a. Di Isabel e altri demoni, in Vite Altrove. Migrazione e disagio psichico. Feltrinelli, Milano.


Edelstein, C., 2000b. Il pozzo: uno spazio di incontri, in Connessioni, 6.


Espìn, O., 1999. Woman crossing boundaries: a psychology of immigration and transformations of sexuality. New York: Routledge.


Kran, E., 1991. The contradictory immigrant problem: A sociopsychological analisis. New York: Peter Lang Publishing.


Losi, N., 2000. Vite Altrove. Migrazione e disagio psichico. Milano: Feltrinelli.


Mishler, E., 1986. Research interviewing: Context and narrative. Cambridge, MA: Harvard University press.


Musillo, I., 1998. L’albero del viaggiatore in Pluriverso, 3, pp. 52-59.


Plummer, K., 1995. Telling sexual stories: Power, change and social worlds. London: Routledge.


Polkinghorne, D., 1988. Narrative knowing and the human sciences. Albany, NY: State University of California Press.


Portes, A. e Rumbaut, R. G., 1996. Immigrant America: A portrait (2nd ed.). Berkeley, CA: University of California Press.


Riessman, C. K., 1993. Narrative analysis. Newbury Park, CA: Sage.


Sluzki, C., 1979. Migration and family conflict in Family Process, 18/4, pp. 379-390.


Sundquist, J., 1994. Migration and health, Lund: Lund University Press.



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