LA STORIA DI IQBAL
Una storia di coraggio e di lotta contro lo sfruttamento dei minori nel lavoro e nella soppressione dei diritti fondamentali
M. Bernardoni- Mariagrazia Piersante- G.Ponticelli

Personaggi

Iqbal
bambini schiavi nella fabbrica di tappeti
padrone e padrona
sindacalista del Fronte di liberazione dal lavoro minorile.



Musica

(I ragazzi entrano in gruppo a testa bassa, arrivati al centro in avanti portano prima lo sguardo e poi indicano la finestrella (2 volte) poi qualcuno viene in avanti)

-Qualcuno dice che questa storia è triste.
-Non è vero: è la storia di come si può conquistare la libertà.
-La libertà di amare.
-La libertà di essere.
-La libertà di sognare.
-La libertà di volare.
-Come un aquilone che si vede salire nel vento,
…sempre più in alto…
…sempre più in alto…
-È una storia che continua…
… e va avanti tutti i giorni.
-È la storia di Iqbal,
un ragazzo che ha avuto la forza di ribellarsi
per conquistare la libertà di molti altri.

Musica
(Vanno a prendere la posizione distribuiti nello spazio come se ognuno fosse davanti al suo telaio)

-La fabbrica di tappeti era sotto le lamiere.
-Caldo d'estate e freddo d'inverno.
-Freddo d'inverno e caldo d'estate.
-Il lavoro cominciava prima dell'alba.
-La misera colazione: pane e crema di lenticchie.
-E poi ci raccontavamo i sogni fatti la notte.
-Mia nonna diceva che i sogni stanno in una parte sconosciuta del cielo e che scendono quando gli uomini li chiamano. La cosa più brutta è non ricevere più sogni.
-E noi non sognavamo più da molti mesi.

Padrona/e: Basta adesso, basta. Forza muovetevi piccioncini (diverse volte finché tutti non si dispongono in fila)

-Era il momento del gabinetto.
-Prima le teste di legno: quelli che lavoravano poco e male.
-Quelli che si lamentavano per le vesciche sulle dita.
-Quelli che avevano dormito incatenati.
-Poi toccava a noi liberi.
-Nel gabinetto c'era una finestrella, là dietro, posta in alto
-e s'intravedevano i rami fioriti di un mandorlo.
-La finestra della libertà.
-Così piccola e sporca.
-Tutti i giorni mi fermavo un minuto più del dovuto,
spiccavo grandi balzi, in modo da poter vedere fuori.
-Vedevo il cielo e le stelle.
-Ogni giorno mi sembrava di essere arrivato,
di essere arrivata un po’ più in alto
fino a toccare la corteccia dell'albero.
-Mi sembrava che fosse una specie di passo verso la libertà o qualcosa di simile.
-Non era vero, naturalmente.
-Non era vero.

Padrona: Basta adesso, basta! Forza, al lavoro piccoli miei. Fate lavorare bene le vostre mani!

-Era l'inizio.
-Ognuno davanti al suo telaio.
-E poi via,
in sincronia, come a muoverli fosse stato un unico paio di braccia.
-Durante il lavoro era proibito fermarsi,
proibito parlare,
proibito distrarsi.
-Guardare il disegno da seguire e via.
-Senza fermarsi,
senza parlare,
senza distrarsi.
-Col passare del tempo l'aria si riempiva di calore e di polvere.
-Il rumore dei telai cresceva.
Tutti: Cresceva.
-Le braccia e le spalle facevano male.
-Le mani e piedi lavoravano da soli per abitudine.
-Afferravano i fili,
stringevano i nodi,
manovravano i pedali,
-e poi ancora e ancora,
-mille altre volte.
-Alla pausa per il pranzo ci trascinavamo fuori in cortile,
intontiti dalla fatica.
-Pochi avevano la forza di parlare,
di ridere,
o di giocare.
-Una vita senza felicità.
-Mai un sorriso sulla faccia.
-Il riposo durava un'ora.
-Poi di nuovo in laboratorio.
-Il rumore dei telai cresceva.
-Le braccia e le spalle facevano male.
-Le mani e piedi lavoravano da soli per abitudine.
-Afferravano i fili,
stringevano i nodi,
manovravano i pedali,
e poi ancora e ancora,
mille altre volte.
-Mille altre volte ancora fino alla sera.
-Nessuno aveva il coraggio di scappare
Tutti: Dovevamo solo lavorare.

(Tutti sono inginocchiati a testa in giù, la padrona solleva la testa di ciascuno)

Padrone: Questo è il tuo nome.
-Sissignore.
Padrone: Questa è la tua lavagna.
-Sissignore.
Padrone: Nessuno può toccarla. Solo io.
-Sissignore.
Padrone: Questo è il tuo debito. Ogni segno è una rupia.
-Sissignore.
Padrone: Io ti darò una rupia per ogni giorno di lavoro.
-Sissignore.
Padrone: Io sono un padrone buono e giusto.
-Sissignore, un padrone buono e giusto.
Padrone: Ogni giorno cancellerò uno di questi segni.
-Sissignore
Padrone: I tuoi genitori saranno orgogliosi.
-Sissignore.
Padrone: Ogni giorno una rupia.
-Sissignore.
Padrone: Quando tutti i segni saranno cancellati allora sarai libero e potrai tornare a casa.
Tutti: Sissignore.

(Una bambina da sola avanza e parla rivolta al pubblico)

-Sissignore, sissignore, guardavo quei segni misteriosi e non avevo capito nulla.
Pensavo solo alla finestrella del bagno
Poi comparve Iqbal e con lui la libertà.
Tutti: Poi comparve Iqbal e con lui la libertà.

Musica

-Iqbql ci disse che nessuno di noi avrebbe mai pagato il proprio debito.
-L'unica via d'uscita era scappare e lui ci avrebbe aiutato.
-Lui aveva coraggio.

Padrone: (rivolto alla padrona) Quel ragazzetto lavora bene ma bisogna stare molto attenti.
Padrona: Ha del talento.
Padrone: Dicono che è un ribelle! Stiamo attenti!
Padroni: (insieme) Forza ragazzetti! Al lavoro, presto, domani arrivano i nostri clienti! Forza piccioncini. Tutti ai telai. Mi raccomando lo stesso movimento. Lo stesso rumore.
Tunf.! Tunf! Tunf!

Musica (lavoro ritmato)

-Arrivavamo alla sera stremati e con le dita sanguinanti.
-Ogni notte prima di addormentarci ripassavamo nella mente i nostri ricordi.
-Quando ero con la mia mamma e il mio papà.
-Quando potevo parlare e ridere.
-Del volo del mio aquilone
-Quando giocavo con i miei fratelli
-Della promessa fatta a mia nonna…di portarle una bambola tutta per sé.
-Di quando sono stato io ad offrirmi per pagare il debito della mia famiglia.
-Quando giocavo con la pallina di carta
-Di quel bellissimo pupazzo fatto da me.
-Della nonna che diceva: lascia volare i tuoi sogni
-I nostri ricordi…di quando eravamo liberi.

Padroni: Cosa fate ancora lì! Presto, presto. Fate scivolare bene il pettine.! Non fatevi venire strane idee. Sapete cosa vi aspetta!

(Entra in scena Iqbal a testa bassa.
Tutti vanno a mettersi in fila in diagonale guardando verso la finestra. I padroni passano in rassegna la fila e poi portano Iqbal in un angolo opposto alla fila -la tomba-
)

Padrone: E tu maledetto, sei una vipera. Un serpente velenoso. Un ingrato. Ecco cosa sei. Me la pagherai. (rivolto ai bambini) Me la pagherete!!!!

-Anche Iqbal era stato messo nella tomba
-Una vecchia cisterna interrata sotto il cortile
-Non c'era luce laggiù
-E mancava l'aria…
-Lì dentro ti sembrava d'impazzire
-Quando iniziava a mancarti l'aria ti sembrava come se qualcuno ti avesse afferrato per la gola.
-E poi c'era buio.

Tutti: (sussurrato) Iqbal siamo noi….siamo noi i tuoi amici.
Iqbal: Anche voi mi avete aiutato. Non è giusto che facciamo questa vita. Là fuori qualcuno ci aiuterà.
Tutti: Ma che cosa hai in mente? Sei impazzito?
-Da qui si esce solo con i piedi in avanti.
-No…lui è coraggioso.

Sindacalista: BASTA CON LO SFRUTTAMENTO DEL LAVORO MINORILE
LA COMPRAVENDITA DEI BAMBINI RIDOTTI IN SCHIAVITU' È CONSIDERATA ILLEGALE.
È CONTRARIA ALLA COSTITUZIONE.
RIVOLGETEVI A NOI.
LOTTATE CON NOI.
LOTTATE CON NOI.
RIVOLGETEVI AL FRONTE DI LIBERAZIONE

-Alcune notti dopo mentre infuriava un temporale Iqbal si alzò poco prima dell'alba attraversò quella stretta finestrella, attraversò il giardino, scavalcò un muro, raggiunse la strada e sparì.
-Aveva preso contatto con gli uomini del Fronte di Liberazione.
-Aveva denunciato il padrone.
-Ma ben presto fu riportato tra di noi.
(Un gruppo di bambini attorno a Iqbal)
-Era trascorso quasi un anno dall'arrivo di Iqbal ed era cambiato qualcosa.
-Prima eravamo solo un gruppo di bambini che dividevano la stessa sorte.
-Adesso eravamo solidali, uniti, eravamo amici e anche qualcosa di più.
-Iqbal aveva riacceso la speranza in tutti noi.
-Incredibile….quel giorno era un giorno come tutti gli altri…. quando d'improvviso iniziammo a sentire:
Sindacalista e poi altri: Siete liberi, potete andare. (diverse volte venendo in avanti come un corteo)

-Iqbal ci aveva liberati tutti.
-Eravamo liberi.

-Poi come in un sogno arrivò una lettera dall'America: Il premio "Gioventù in Azione" era stato assegnato al nostro Iqbal per essersi particolarmente distinto in qualcosa di utile.
Tutti: Evviva Iqbal, evviva!
-Iqbal doveva parlare davanti agli uomini di tutti i paesi del mondo.
-Non sapeva cosa dire.

Musica

Iqbal: (rivolto al pubblico con un abito bianco) Ogni giorno in Pakistan sette milioni di bambini si alzano prima dell'alba, al buio. Lavoreranno fino a sera. Tessono tappeti, cuociono mattoni, zappano nei campi, scendono nei cunicoli delle miniere. Non giocano, non corrono, non gridano. Non ridono mai. Sono schiavi e portano la catena. Nessuno può dire: non mi riguarda. E non è vero che non c'è speranza. Guardate me: io ho avuto speranza. Voi, signori, dovete avere coraggio.

-Appena tornato dal suo lungo viaggio in America, Iqbal partì di nuovo. Doveva rivedere la sua famiglia e festeggiare la Pasqua.
-Doveva fermarsi almeno un mese, poi sarebbe ritornato per riprendere la sua lotta.
-Aveva preso un impegno, davanti a tutte quelle persone e l'avrebbe mantenuto.
-In villaggio tutti l'accolsero come un eroe, con grande gioia.
-Iqbal era felice, sereno e pieno di progetti.
-Quella domenica, il giorno di Pasqua era una bella giornata, piena di sole e di luce. Iqbal prima andò nella chiesa, poi fece il giro delle case dei parenti.
-Mentre gli adulti parlavano tra di loro, i ragazzi si dispersero in giro, a giocare, e ogni tanto si sentivano le loro voci che si chiamavano e gridavano.
-Erano verso le tre del pomeriggio, quando sulla strada all'imbocco del villaggio comparve un'automobile, sollevando una nube di polvere.
-Sembrava che a bordo non ci fosse nessuno.
-In quel momento scoppiò un temporale. L'acqua del cielo si confondeva con quella della terra.
-Iqbal stava risalendo il viottolo.
-Nessuno sa cos'è successo.
-Quando Iqbal passò accanto all'automobile il vetro del finestrino si abbassò piano piano e poi….(portare le mani al viso e restare immobili)
-………poi l'automobile nera non c'era più e non c'erano tracce del suo passaggio, nemmeno un segno nel fango, niente, solo l'acqua sotto il corpo di Iqbal si era tinta di rosso pallido, ma sparì subito anche quella .
-Questa è la storia.
-Raccontatela a qualcuno.
-Raccontatela a tutti.
-Che non se ne perda il ricordo.

Musica

(Ogni bambino avanza con un fiore bianco in mano rivolto al pubblico)

-Iqbal Mashi è stato assassinato il giorno di Pasqua del 1995, in Pakistan. Aveva circa 13 anni. I mandanti del suo omicidio non sono mai stati scoperti. "L'ha ucciso la mafia dei tappeti."
-I suoi occhi erano dolci e profondi e non avevano paura.
-Il suo coraggio e la sua volontà sono stati esemplari.
-Iqbal, questo fiore è per te
-Mi dispiace che tu sia morto…
-Sei stato grande.
-Resterai amico di tutti i bambini.
-Grazie a te molti sono liberi.
-Sei stato la luce e la speranza per molti ragazzi.
-Grazie per avere lottato.
-Tu sei morto, ma sei vivo dentro di me.
-Questo fiore è simbolo della speranza che tu ci trasmetti
-Iqbal, sei stato molto coraggioso…
-Avevi un cuore grande
-Sei stato bravissimo.
-Per me Iqbal sei un mito.
-Il tuo aquilone volerà sempre alto nel cielo.
-Racconterò a tutti la tua storia.
-Le mie lacrime bagnano il tuo fiore.
-Ci mancherai… Addio

Iqbal viene in scena da fuori con un cesto pieno di petali bianchi, che sparge nello spazio, mentre gli altri si girano con le spalle al pubblico e lentamente escono.
Lui poi viene in avanti, s'inginocchia e mentre porta le mani verso l'alto per far cadere ancora petali dice: “Oggi voi siete liberi e sono libero anch'io”.
Solo una ragazza con un vestitino rosso arriva alle sue spalle e solleva lentamente un aquilone mentre lui guarda in alto e solleva una mano indicando con l'indice in lontananza il suo aquilone, simbolo della libertà.


Musica


FINE



Il copione è stato costruito con esercizi di scrittura creativa fatta dagli allievi di una classe seconda media (21 alunni), dopo avere letto il racconto "storia di Iqbal" di Francesco D'Adamo, Ed Ex Libris

e-mail:maddabernardoni@tin.it

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