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SCHEDA RISORSA
Transdisciplinare
Intercultura
CRONACA NERA (dedicata ad Ali, che non aveva mai visto un gabbiano e neppure il mare). Di Dino Frisullo, il pacifista italiano prematuramente scomparso recentemente.
Lingua:
Italiana
Destinatari:
Alunni scuola media superiore, Formazione permanente
Tipologia:
Ipermedia
Abstract:
CRONACA NERA
Ali veniva, poniamo, da Zako. Portava in tasca un pane di sesamo comprato in fretta con gli ultimi spiccioli nel porto a Patrasso pane caldo profumo di casa speranza di vita prima di calarsi nel buio del ventre del camion.
Ali aveva già visto l'Italia, poniamo. Aveva l'odore dolciastro del porto di Bari l'Italia gli piacque il castello svevo dalle mura merlate le luci gialle della città vecchia gli scaldarono il cuore ma il primo italiano che vide vestiva una divisa e fu anche l'ultimo. Respingeteli, disse.
Ali non capì le parole ma lesse lo sguardo le ginocchia gli tremarono poi si voltò contro il muro perchè un uomo non piange.
Ali veniva da Zako, poniamo, e sapeva già usare il kalashnikov ma di raffiche ne aveva abbastanza e di agenti turchi irakeni americani arabi e di kurdi che ammazzano kurdi e di paura masticata amara con la fame e dell'eco delle bombe Qendàqur come Halàbje bombardieri turchi come gli aerei irakeni gli stessi occhi sbarrati contro il cielo che uccide.
Ali, poniamo, aveva una ragazza rimasta sola la famiglia fuggita in Germania, con lei aveva sognato l'Europa con lei aveva cercato gli agenti turchi e turkmeni e kurdi, maledizione, anche kurdi per contrattare il passaggio della prima frontiera, batteva forte il loro cuore al valico di Halìl divise verdeoliva mazzi di banconote stinte di tasca in tasca nel buio e poi liberi corrono veloci i minibus da Cizre verso Mardin ogni mezz'ora un posto di blocco divise verdeoliva banconote via libera colonna di autobus veloce viaggiando solo di notte tre notti trenta posti di blocco zona di guerra da Màrdin ad Adàna poi veloci fino a Istanbul e quella notte ad Aksaray nel più lurido degli alberghi fra scarafaggi e zanzare e russare di ubriachi per la prima volta avevano fatto l'amore e per l'ultima volta. Sul comodino un vaso di fiori stecchiti lei ne sfilò uno glielo regalò con un sorriso come fosse una rosa di maggio. Fu all'alba che vennero a prenderli taxi scassati gabbiani a stormi contro il cielo grigio del Bosforo (Ali non aveva mai visto un gabbiano e neppure il mare) poi tutti a piedi verso un'altra frontiera in fila indiana nel fango in silenzio fino alle ginocchia nell'acqua del Méric ha la pistola il mafioso "più in fretta" sussurra, di là c'è la Grecia l'Europa è calda la mano di Leyla si chiamava Leyla, poniamo era calda la mano di Leyla prima che scoppiasse sott'acqua la mina prima che i greci cominciassero a sparare prima dell'inferno... Un uomo non piange ma il cuore di Ali restò a galleggiare fra i gorghi di melma del Méric mentre si nascondeva nel canneto perchè i greci non scherzano e se ti consegnano ai turchi è la fine i maledetti verdeoliva che hanno intascato i tuoi soldi ti fanno sputare sangue nelle celle di frontiera.
Così in Grecia l'uomo si fa gatto si fa topo ragno gazzella nascondendosi di giorno negli anfratti marciando di notte fino a Salonicco e poi un passaggio da Salonicco a Patrasso giovani turisti abbronzati, poniamo, Ali ha la febbre batte i denti fa pena rannicchiato sul sedile della Rover è bella la ragazza straniera ma la sua Leyla era più bella più profondi del mare i suoi occhi. La Rover frena quasi sul molo c'è un traghetto che sta per partire di là c'è l'Europa davvero con gli ultimi soldi paga il biglietto per Bari Ali il mare non l'aveva mai visto fa paura di notte il mare ti chiedi quanto sarà profondo (erano più profondi i suoi occhi) ma un uomo non ha mai paura e il cielo dal mare non è poi diverso dal cielo dei monti di Zako nelle notti chiare.
Fa più paura la polizia di frontiera "ez kurd im" "ma che vuoi, che lingua parli, rispediteli a Patrasso ne abbiamo abbastanza di curdi qui in Puglia non bastavano i cinquecento dell'ultima nave, chiudeteli nella cabina che non scendano a terra sennò chiedono asilo..."
E' triste il cielo dal mare come il cielo dei monti di Zako nelle notti scure. E' duro esser kurdi su un molo sperduti fra il cielo ed il mare erano in dieci, poniamo, che quella notte a Patrasso contrattarono in fretta seicento dollari a testa disse il camionista non uno di meno seimila dollari quei dieci corpi quasi il valore di un carico intero e il suo amico Huseyn pagò anche per lui prima di coricarsi abbracciati nel buio stretto il pane di sesamo in tasca stretto in mano un fiore secco in dieci stretti fra le balle di cotone che ti penetra in gola negli occhi nel naso ti toglie il respiro...
E' cronaca nera MORTI SOFFOCATI SEI CLANDESTINI IN UN TIR è politica MILLE CLANDESTINI RESPINTI NEL PORTO DI BARI è diplomazia ACCORDO CON LA GRECIA SUI RIMPATRI è ipocrisia ROMA CHIEDE COLLABORAZIONE AD ANKARA è propaganda INASPRITE LE PENE CONTRO I TRAFFICANTI è nausea è rabbia è dolore
Sotto le stelle di Zako mille Ali sognano l'Europa in Europa sogneranno il ritorno e nella nebbia di Amburgo, poniamo, nella gelida nebbia senza stelle Huseyn bussa a una porta ha da consegnare una cattiva notizia un pane di sesamo secco e un fiore stecchito...
Dino Frisullo, ottobre 2000
di Dino Frisullo
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