La gihad
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La gihad


 


Viviamo in un periodo pieno di contraddizioni e nodi da sciogliere. Un mondo dove tutto è il contrario di tutto, dove la globalizzazione  e la multiculturalità, sono sintomi vivi di una complessità del reale, ammantata dal dolce oblio dello schematismo e del dogmatismo.

Questa complessità, ci impone l’assunzione coraggiosa e consapevole, di un metodo efficace in grado di sciogliere quei nodi e ripensare i capisaldi del pensiero con cui, finora, si era effettuata la costruzione della realtà sociale. Significa rielaborare il linguaggio e analizzare i concetti e le parole che formano le barriere sociali. Significa scavare nel terreno fertile del significato, per ridare vita ai fondamenti stessi del linguaggio.


Questo, diviene un obbligo, specie nel caso del rapporto tra Islam e Occidente.


Dopo l’attentato dell’11 settembre, si è acuita in maniera preoccupante, la dicotomia Oriente Occidente. Questa dicotomia, rischia di sfociare in una vera e propria guerra di civiltà e religione, dove non si avranno vincitori, ma soltanto vinti.


Il tema del fondamentalismo, va affrontato, dunque, con rigore scientifico, con professionalità, lontani da ogni reazione emotiva, da ogni atteggiamento etnocentrista, che rischia soltanto di falsare l’indagine e di accentuare la conflittualità.


Secondo Bernard  Lewis, la traduzione letterale  di gihad non è propriamente “guerra santa”, ma “sforzo lungo al strada di Dio”. Questo è comunque un concetto che, per la sua intrinseca flessibilità, viene usato prettamente per uno scopo politico. Usare un concetto che, per sua intima natura si rivolge alla faccende sacre, alla faccende relative all’animo umano e al rapporto privato e delicato tra l’uomo e la divinità, significa snaturare il concetto stesso e mira alla trasformazione della religione in ciò che non è e non potrà mai essere, ossia un movimento politico.


Anticamente, i due poli, politica e religione, erano partecipi della stessa natura ossia quella relativa la sacro (dal latino sacer ciò che è puro). Questa natura monistica si basava sugli stessi presupposti morali; il detentore dei due poteri che in realtà discendevano dall’Uno, veniva considerato servo di Dio, colui che partecipando alla Sua maestà aveva il compito divino di portare il cielo in terra. Non una divisione netta in campi distinti, ognuno con un proprio codice etico, ma la mirabolante manifestazione del rigore e della misericordia, della legge e del rispetto di essa. Nel campo divino non vi era posto per dicotomie o contraddizioni; tutto si svolgeva secondo regole antiche di armonia ed equilibrio.


Con l’avvento della società moderna, però, le cose si sono modificate. Grazie alla teoria Machiavellica, si attuò la divisone dell’indivisibile, cioè sacro e profano.  Il sacerdote divenne esclusivo rappresentante di Dio in terra diventando quasi partecipe della stessa sostanza divina. Laddove era il servo di Dio, il custode delle leggi sacre, diviene unico depositario di verità e rivelazione, esclusivo padrone della coscienza umana. Dall’altra parte, il re perde il suo contatto con Dio e diviene unico, esclusivo depositario delle leggi che, perdendo il loro scopo di scale fino alla stelle, diventano unico mezzo di controllo sociale, guadagno economico, e sottomissione alla volontà del più forte. La politica, la polis ossia l’organismo omogeneo in cui si attua l’equilibrio e l’ordine cosmico, diventa teatro di disordine, di disgregazione sociale, della morte della solidarietà umana.


Questo disastro umano, di stampo occidentale, diventa contagioso per tutto ciò che incontra. Come un morbo infetto e contagioso attacca e disgrega tradizioni antiche, culture millenarie, leggi sacre.


L’Islam stesso, oggi, può essere suddiviso in Islam politico e Islam in senso stretto. L’Islam significa sottomissione a Dio, sottomissione e riconoscimento di leggi che appartengono alla natura profonda dell’umanità; nel momento in cui lo si strumentalizza per motivo economici e politici (intendendo con politica l’arena dello scontro delle volontà scisse dai dettami divini), lo si trasforma e lo si riveste delle stesse patologie di cui oggi, soffre il genere umano: la patologia della sopraffazione, della trasgressione alle leggi sacre, della manipolazione e del guadagno.


Parlare del terrorismo come di una componente della religione, approvato perciò dal Corano, equivale a dire che, il Vangelo, ammette e incoraggia le crociate, gli stermini, i roghi, le sopraffazioni perpetrate nei secoli, come utile strumento di conversione.


La Guerra Santa, intesa come sforzo per raggiungere non solo Dio, ma per portarlo in terra, è una componente essenziale di tutti i culti. Nessun vero credente rimarrà con le mani in mano ad osservare la disintegrazione della società e l’abominio. Nessun vero credente rimarrà inerme di fronte a un mondo che strumentalizza Dio e lo manipola, lo controlla, lo usa a sua vantaggio. Ma d’altro canto, nessun vero credente reagirà a questa minaccia con la minaccia, alla violenza con la violenza, all’odio con l’odio.


Ma allora perché il concetto distorto di gihad è il concetto che predomina nelle menti delle persone? Perché dunque dare spazio a un significato che ammanta  la vera natura dell’Islam, distorcendo il Suo volto a vantaggio di interessi economici?


Una risposta può trovarsi nel nuovo disordine mondiale che imperversa oggi. Si tratta di una realtà sfumata, complessa, un mondo in cui, finalmente, le culture si toccano di nuovo, si incrociano, si scambiano, si miscelano. Per alcuni ciò, invece di apparire come un arricchimento, si manifestano come una minaccia costante alla propria identità. Una identità a lungo conservata, come un cimelio, una gloria. Un’identità creata a tavolino, che proprio per questo soffre di una sindrome comune a tutti: la perdita della genuinità di radici da troppo tempo dimenticate.


L’identità, sia quella occidentale, sia quella che si ritiene appartenere ad ogni singola civiltà, non può esistere in forma pura e assoluta se non in un contesto teorico. Se si vuole essere storicamente precisi l’Europa non ha in se le tante decantate origini cristiane. L’Europa è nata da un miscuglio straordinario di civiltà e influenze culturali diverse. Queste radici reali, nella loro complessità, derivano da un continuo e ininterrotto scambio, incontro e perché no, scontro di culture, religioni che riuscirono non solo ad amalgamarsi e influenzarsi, ma a creare qualcosa di nuovo, garantendo la possibilità che, il genere umano, non morisse di asfissia e di stagnazione culturale. Il  tanto decantato appiglio identitario, rappresenta proprio un modello simile; un movimento ampio la cui struttura  attuale, si è formata grazie a differenti influenze religiose di matrice orientale e addirittura celtica. E’ nella mezzaluna fertile che vide la luce il movimento che, oggi, si erge a baluardo di una sola civiltà. E’ nella mezzaluna fertile, non solo di suolo ma di idee e fermenti, che poté nascere e svilupparsi un movimento religioso nuovo che accogliesse e fondesse in se elementi derivanti da altre tradizioni. Assorbendo al suo interno molti dei movimenti mistico-religiosi dell’epoca, ha contribuito a rendere, nuovamente organica e armonica, l’aspirazione all’unità originaria presente nell’uomo. Pur non dotandosi di un rivelazione esclusiva e privilegiata, ( ad differenza di quanto si pensi il messaggio cristiano non è né innovativo, né originale), si mosse per abbracciare e dare nuovo vigore ed energia alle aspirazioni umane. Gnosticismo, paganesimo, mitraismo, zoroastrismo, ebraismo mistico, sufismo, poterono convivere per secoli in un contesto armonioso, guidando le anime verso la loro dimora celeste. Il cristianesimo cattolico, così come ci appare oggi, con la sua intransigenza, con il suo rifiuto di rapporti con l’esterno se non in una forma di privilegio e predominanza, con il suo dogmatismo inflessibile, con la sua pretesa di cancellare le rivelazioni altre, privando l’uomo di uno straordinario patrimonio mistico e mitologico, è frutto di scelte  prettamente politiche , posteriori alla nascita di Cristo. Molti dei dogmi cardine, sono stati decisi dal concilio di Nicea del 325 a.C. e di Costantinopoli del 330 a.C. Il contrastato e discusso dogma della trinità, a esempio, fu così assunto a verità infallibile tracciando una divisione netta, con le tradizioni originarie. Furono queste scelte che contribuirono ad allontanare le religioni del libro tra loro. Ed è proprio questo allontanamento la causa dei fraintendimenti e delle etichette che, oggi, inquinano il dialogo e la convivenza. Ed è proprio questa lontananza che, oggi, dobbiamo combattere.


Ciò si rende possibile soltanto con la conoscenza, con il desiderio forte e predominante di modificare una volta per tutti, gli assunti culturali che hanno predominato per troppo tempo e assumersi la responsabilità di un mondo che per sua natura è talmente indivisibile che ogni azione ha ripercussioni più o meno ampie su tutti noi. Cambiare logica, significa passare da vinti a vincitori.


 

Alessandra Micheli email:alessandramicheli@virgilio.it

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