E’ stalking il bullismo a scuola

Di Rolando Alberto Borzetti - News - 14.06.2017

Da Il Sole 24 ore

di Patrizia Maciocchi

pdf Corte di cassazione – Sentenza 28623/2017

Condannati per stalking i bulli che perseguitano il compagno di scuola. La Cassazione (sentenza 28623) “fa entrare” per la prima volta il reato, previsto dall’articolo 612-bis del Codice penale, nelle aule scolastiche. Ad essere puniti , con 10 mesi di reclusione, pena sospesa, quattro ragazzi, all’epoca dei fatti minorenni ed ex studenti di un istituto tecnico campano. Gli adolescenti avevano preso di mira, per due anni, un compagno di scuola, picchiandolo e insultandolo, a turno, fino ad indurlo dopo essere finito in ospedale a lasciare la scuola per trasferirsi in Piemonte. La Cassazione si allinea alla Corte d’Appello per i minori di Napoli che aveva condannato i bulli per atti persecutori. Inutilmente la difesa muove una serie di contestazioni. Ad iniziare dal peso dato alla testimonianza della vittima priva di riscontri: gli altri compagni e gli insegnanti erano inconsapevoli delle violenze. Un argomento boomerang che la Corte territoriale aveva utilizzato per sottolineare «il clima di connivenza e l’insipienza di quanti, dovendo vigilare sul funzionamento dell’istituzione, non si accorsero di nulla».

La Cassazione precisa poi, che nel reato di stalking la deposizione della persona offesa, se esauriente, vale come prova. A supporto delle parole del ragazzo, sbeffeggiato anche per il taglio di capelli, c’era comunque anche un filmato, realizzato con il cellulare, proprio da uno degli aggressori. E’ corretta anche la scelta di ritenere il reato di ingiurie assorbito dal più grave stalking. Non serve , come pretendeva la difesa, la prova della illiceità dei fatti di ingiuria per “comprenderli” nell’articolo 612-bis, perché l’”insulto” è solo una componente obiettiva di una condotta più grave.

Inutile negare anche l’esistenza degli elementi costitutivi del reato di stalking: il turbamento psicologico, lo stato di ansia e di paura e la modifica dei propri comportamenti. Sul punto dice molto la deposizione della persona offesa. Il minore aveva riferito di essere diventato succube della violenza: dopo un iniziale tentativo di ribellione, aveva accettato le prevaricazioni per evitare altre botte. E non importa che il ragazzo, malgrado il timore di ulteriori molestie, abbia continuato a frequentare la scuola. La circostanza va letta, al pari dell’assenza di iniziali denunce e di certificati medici, alla luce della soggezione psicologica e del finale abbandono dell’istituto teatro delle violenze.

Esclusa anche la via d’uscita della prescrizione: per lo stalking il termine non decorre dalla fine delle violenze ma del danno o del percolo e dunque quando la vittima riprende le sue abitudini e smette di temere per la sua incolumità

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