Permessi 104: se usati come ferie e' truffa
La Legge per Tutti del 26-12-2016
Uso irregolare dei giorni di permesso retribuiti per curare un familiare invalido: scatta il reato di truffa ai danni dello Stato, oltre al licenziamento.
Per chi abusa dei permessi dal lavoro previsti dalla legge 104 del 1992 per l’assistenza ai familiari invalidi e utilizza i giorni di assenza dal lavoro solo per riposarsi, si profila la
possibilità di un procedimento penale per truffa ai danni dello Stato: questo perché, se è vero che è stato abrogato l’obbligo di fornire assistenza continua ed esclusiva al parente con
l’handicap, è anche vero che non si può utilizzare tutta la giornata di permesso per fare festa. Resta quindi sempre necessario utilizzare una parte delle 24 ore per accudire il parente
invalido. Diversamente, si finisce per snaturare la funzione di un istituto, quello appunto dei permessi retribuiti per l’assistenza ai familiari bisognosi, trasformandolo in una alternativa
alle ferie. È questo l’interessantissima conclusione cui è appena pervenuta la Cassazione [1].
Permessi 104: devo stare tutta la giornata con il familiare invalido?
Esulteranno i dipendenti che beneficiano dei permessi previsti dalla legge 104. Una parte del giorno di assenza dal lavoro può essere utilizzata per riposarsi e fare ciò che, altrimenti, nelle
altre giornate, non si sarebbe potuto fare perché impegnati, in gran parte, sul posto di lavoro e, per il resto, ad aiutare il familiare. In altri termini, secondo il nuovo orientamento della
Cassazione, «i permessi servono a chi svolge quel gravoso compito di assistenza a persona disabili, di poter svolgere un minimo di vita sociale, e cioè praticare quelle attività che non sono
possibili quando l’intera giornata è dedicata prima al lavoro e, poi, all’assistenza». “Vita sociale” che – sottolineano i giudici – è un diritto che va
garantito anche ai lavoratori con un familiare che sta male a casa e che, altrimenti, non potrebbero avere se dovessero, anche durante i giorni di permesso, prestare assistenza tutte le 24
ore.
Durante i permessi retribuiti della legge 104 si può svolgere vita sociale.
Insomma, secondo il mutato orientamento della Cassazione, è consentito uscire, durante i giorni di permesso retribuito, a svolgere le proprie attività e anche incontrare amici. Ma a condizione che
non sia proprio questo lo scopo del permesso stesso.
Un tempo «la normativa prevedeva proprio che i permessi potevano essere concessi a coloro che assistevano con continuità e in via esclusiva le persone handicappate». Tale condizione è stata
successivamente abrogata, «molto probabilmente per evitare interpretazioni restrittive ed eccessivamente fiscali, come quella secondo la quale il lavoratore doveva utilizzare il permesso solo per
prestare assistenza. Sicché, se nelle ore in cui avrebbe dovuto lavorare, era sorpreso, a svolgere altre attività (anche di svago) invece che a curare il familiare, era imputabile di truffa». Ma
attenzione: la modifica della norma non può stravolgere lo scopo dei permessi, che resta pur sempre quello di fornire aiuto e soccorso a chi è portatore di handicap.
Cosa si può fare durante i permessi retribuiti dalla legge 104?
Con la sentenza in commento la Cassazione, per la prima volta, dice a chiare lettere che non è più necessario trascorrere l’intera giornata ad accudire il familiare invalido. Se il datore di
lavoro trova il dipendente a fare la spesa o a svolgere qualche commissione di propria necessità non può più contestargli un comportamento infedele e tantomeno licenziarlo. Ma, nello stesso tempo,
il lavoratore non può andare a fare una gita fuoriporta o stare a casa propria. Se lo fa commette due tipi di illeciti cui corrispondono due gravi conseguenze:
•innanzitutto egli dice una bugia al datore di lavoro, commette cioè uno di quei comportamenti infedeli che possono essere causa di licenziamento, specie se reiterati; licenziamento che
– secondo i precedenti della stessa Cassazione – può essere senza preavviso, ossia “in tronco”;
•in secondo luogo commette una truffa ai danni dello Stato e, in particolare, dell’Inps; perché se è vero che la retribuzione durante i giorni di permesso viene pagata
dall’azienda è anche vero che questa viene poi rimborsata dall’Istituto di Previdenza. Dunque, il dipendente bugiardo può essere denunciato e il reato sarà procedibile d’ufficio.
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