Redattore Sociale - Disabilita' e poverta', la "grottesca esclusione" dei caregiver familiari dal Sia

ROMA. Si chiama “Sia”, è la nuova misura di sostegno al reddito per le famiglie in difficoltà economica, con figli minori o disabili a carico. Ma “è un insulto ai veri poveri”: lo afferma Chiara Bonanno, a nome del Coordinamento nazionale famiglie disabili gravi e gravissimi, che ha studiato con attenzione la genesi e le caratteristiche della normativa. “Scorrendo la lista dei requisiti, s'intuisce da subito che questa carta non è stata creata per i poveri".
Isee inferiore ai 3 mila euro? Impossibile. Il primo requisito per accedervi è un Isee pari o inferiore ai 3 mila euro. Come Coordinamento nazionale famiglie disabili, conosciamo molti nuclei composti da persone con disabilità che vivono in condizioni di estrema povertà, ma nessuna di loro riesce a rientrare in un Isee di 3 mila euro. Con un Isee di 3 mila euro – spiega ancora Bonanno - non puoi possedere un'abitazione, nemmeno una catapecchia, perché, con le nuove forme di accatastamento, gli immobili incidono sull'Isee anche più di un reddito sotto i mille euro al mese: ma se si sforano anche di 10 centesimi i 3 mila euro previsti, non si rientra nei requisiti. E anche se non possiedi una casa e vivi in affitto, con un Isee di 3 mila euro l'anno non sei davvero in grado di affrontare nemmeno un affitto ad equo canone di una vecchia casa popolare”. Per poter quindi “vantare” un Isee di 3 mila euro, l’unica strada pare “il lavoro in nero, che non risulta nel reddito: insomma, l’evasione”.

Escluse indennità superiori a 600 euro. C’è però anche un altro requisito, che per il coordinamento è ancor più “scandaloso”: è quello che chiama in casa più direttamente la disabilità. “Malgrado si sia recentemente pronunciato il Consiglio di Stato sul fatto che l'indennità di accompagnamento, erogata costituzionalmente in ragione dell'enorme svantaggio causato da una non autosufficienza, non possa in alcun modo essere considerato un incremento reddituale, in questa Carta Sia il legislatore continua a fare orecchie da mercante e a considerare i trattamenti economici di natura previdenziale, indennitaria e assistenziale come una fonte di ricchezza, al punto da escludere chi supera i 600 euro mensili di questi emolumenti. Quindi tutte le persone con disabilità così gravi da renderle non autosufficienti! Perché, infatti, l'invalidità civile e l'indennità di accompagnamento, anche se di poco, sforano le 600 euro mensili”.

Esclusi i caregiver familiari. In altre parole, se una persona, in virtù della sua condizione di gravità, beneficia di una forma di indennità, sarà automaticamente esclusa dalla nuova misura di sostegno introdotta dal governo. Con un’eccezione però: quella dei minori che abbiano la sola indennità di accompagnamento. Anche in questo caso, però, nei requisiti richiesti si nasconde una “discriminazione, visto che il sussidio per il minore può essere richiesto solo dal genitore che convive con un figlio disabile. Vengono quindi esclusi i fratelli, i coniugi ed i figli”. In altre parole, la Sia non spetta al cosiddetto caregiver familiare. “D’altra parte – osserva il Comitato - l'Italia è rimasto l'unico paese in Europa a non aver ancora riconosciuto questa figura”.

La ricerca del lavoro. Ma il caregiver familiare viene escluso dalla Sia anche per un ulteriore requisito, “quello più eclatante – riferisce ancora il Comitato -: l'immediata decadenza del sussidio, qualora non si dimostri di attivarsi concretamente nella ricerca di un lavoro, accettando con solerzia le offerte che il centro per l'impiego o i servizi sociali proporranno”. Un requisito, questo, incompatibile con la condizione stessa della maggior parte dei caregiver familiari, spesso gli unici a farsi carico, in modo continuativo e a tempo pieno, dell’assistenza del proprio caro. “Perché secondo loro – osserva il coordinamento - il caregiver familiare non sta già ampiamente lavorando, in una condizione di sfruttamento anche inumano, sostituendo lo Stato nell'assistenza quotidiana di una persona non autosufficiente?”.

Giacobini: “grottesche esclusioni”. Il commento e le preoccupazioni del Comitato sono in linea con l’esame “tecnico” che, della Sia, ha svolto Carlo Giacobini su Handylex: in merito alla disabilità, in particolare, anche lui rimarca come “un altro limite che può essere molto significativo per le persone con disabilità: è motivo di esclusione la percezione da parte di familiare di trattamenti economici di natura previdenziale, indennitaria o assistenziale a qualunque titolo concesso dallo Stato o da altre pubbliche amministrazioni superiori ai 600 euro mensili. A qualunque titolo: ciò significa anche i trattamenti che nulla hanno a che vedere con il contrasto alla povertà, quali ad esempio le indennità di accompagnamento per cecità civile o per invalidità o per sordità, oppure contributi per la non autosufficienza o per la vita indipendente.” Di conseguenza, è evidente, per Giacobini, che “alla disabilità sia stato riservata una attenzione solo apparente e assai poco sostanziale. Non solo: si sono considerate di fatto le provvidenze assistenziali, quali l’indennità di accompagnamento, come una misura di compensazione del reddito e non già come forma appunto indennitaria per servizi non resi. Si è pertanto molto lontani dal considerare la disabilità come uno dei primi motivi dell’impoverimento e della povertà. E quindi dell’esclusione sociale. Ne esce uno scenario di esclusioni a tratti grottesco”. Giacobini riporta quindi un elenco indicativo di “esclusi”: i nuclei con Isee inferiore a 3 mila euro e un figlio cieco assoluto o con disabilità plurisensoriale, perché ricevono una prestazione assistenziale superiore ai 600 euro; una coppia con Isee al di sotto dei 3000 euro, in cui un coniuge sia invalido civile con sola pensione senza indennità di accompagnamento, perché “la disabilità viene considerata solo se è presente nel nucleo almeno un genitore della persona con disabilità”. E’ esclusa perfino una “madre di 40 anni disoccupata con figlio minorenne disabile grave e Isee pari a 0”, per via di quella che viene definita la valutazioni multidimensionale del bisogno, che tiene conto di carichi familiari, condizione economica e condizione lavorativa e deve essere di almeno 45 punti. La madre sola disoccupata avrebbe un punteggio complessivo di 40 punti, in base alle tabelle fornite per la misurazione del bisogno. E si tratta, per Giacobini, di una delle “grottesche esclusioni”. (cl)


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