Chiesa di tutti - Chiesa dei poveri

Di Rolando Alberto Borzetti - News - 28.05.2013

 

"Ci siamo dati agli affari terreni e non c'è armonia tra l'onore che ci fu conferito e l'immagine che

diamo di noi stessi col nostro ministero. Abbandoniamo i compiti della predicazione e, per quel che vedo, siamo chiamati vescovi a nostra condanna (ad poenam nostram episcopi vocamur), avendo solo il titolo connesso con l'onore, non i meriti. Le anime a noi affidate abbandonano infatti la fede e noi restiamo in silenzio; giacciono nell'iniquità e non tendiamo la mano per correggere; si macchiano ogni giorno di molte colpe e assistiamo inerti al loro procedere verso l'inferno. E però, come possiamo intervenire sulla vita degli altri, se trascuriamo la nostra? Catturati in ansie terrene, diventiamo tanto più insensibili nell'intimo quanto più ci mostriamo attenti agli affari di questo mondo. Sempre immerso nelle preoccupazioni terrene, l'animo si fa insensibile ai desideri celesti, e mentre incallisce in questa condizione per il continuo contatto col mondo, diviene cieco ai valori dell'amore di Dio...Posti a custodire le vigne non abbiamo affatto cura della nostra, perché implicati negli affari terreni, abbandoniamo i compiti del nostro ministero....Spesso - e questo è ancora più grave - i sacerdoti che dovrebbero elargire le proprie sostanze sfruttano quelle altrui (sacerdotes qui propria dare debuerant, etiam aliena diripiunt) mentre deridono quanti vivono con umiltà e temperanza. Immaginate che fine faranno le greggi, se i pastori si mutano in lupi! (Considerate ergo quid de gregibus agatur, quando pastores lupi fiunt)".

Gregorio Magno papa, Le Quaranta Omelie sui Vangeli, I, XVII, 14 (Città Nuova Editrice, Roma 1994, pp.213-215).

”Ora più che mai certo più che nei secoli passati siamo intesi a servire l’uomo in quanto tale e non solo i cattolici, a difendere ovunque e anzitutto i diritti della persona umana e non solo quelli della Chiesa Cattolica. Non è il Vangelo che cambia siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio”. E’ giunto il momento di riconoscere i “segni dei tempi” di coglierne le opportunità e di guardare lontano”.

Giovanni XXIII papa, 3 giugno 1963, in punto di morte

Il compito di un Pastore è proprio l’amore, ovvero “essere segno della presenza e dell'azione del Signore risorto, a edificare, quindi, la comunità nella carità fraterna”. Tuttavia “anche l’amore più grande quando non è continuamente alimentato, si affievolisce e si spegne”. Non a caso San Paolo ammonisce: «Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge». Perché nel momento in cui viene meno questa vigilanza il Pastore diventa “tiepido, distratto, dimentico e persino insofferente”. La mancata vigilanza “lo seduce con la prospettiva della carriera, la lusinga del denaro e i compromessi con lo spirito del mondo; lo impigrisce, trasformandolo in un funzionario, un chierico di Stato preoccupato più di sé, dell'organizzazione e delle strutture, che del vero bene del Popolo di Dio”.

Papa Francesco ai vescovi italiani, 23 maggio 2013.

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