Il segreto di Pulcinella
Fuoriregistro - 13-10-2006
Governo e Sindacati Confederali hanno sottoscritto un "memorandum d'intesa segreto" sulle pensioni che prevede:
- il passaggio al sistema contributivo pieno;
- l'innalzamento dell'età pensionabile;
- la riduzione delle percentuali di calcolo della pensione.
L'accordo - lo ribadiamo - segreto, che tanto segreto non è visto che è già stato reso noto dall'ala dissidente della CGIL, porta la firma di Prodi, Padoa Schioppa, Damiano e dei segretari confederali Epifani, Bonanni e Angeletti.

Di seguito riportiamo la nota pubblicata dal Manifesto che riferisce sugli esiti di una assemblea autoconvocata svoltasi a Bologna il 9 ottobre scorso - Red




Legge Finanziaria: Delegati della Cgil a Bologna: contestato il «memorandum»

Fa discutere la firma apposta dai tre segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil al memorandum d'intesa con il governo sulla riforma del sistema previdenziale. A dare corpo a perplessità e preoccupazioni è stata ieri, a Bologna, una prima assemblea regionale di delegate e delegati di diverse categorie della Cgil. Assemblea autoconvocata, primo tassello di un dissenso che farà tappa ancora a Bologna con un'assemblea nazionale di quadri e delegati aperta a membri di tutte le sigle sindacali, il 23 ottobre. Per chiedere il ritiro della firma dal memorandum.

Poco più di due pagine, stilate alla vigilia della manovra finanziaria e con in calce le firme dei tre segretari confederali, insieme a quelle di Prodi, Padoa Schioppa e Damiano. Nove punti sintetici, ma «estremamente chiari», che vincolano le tre confederazioni ad avviare e concludere la discussione sulla riforma del sistema pensionistico tra gennaio e marzo 2007. «Senza che ci sia stata alcuna discussione, soprattutto senza alcun mandato da parte dei lavoratori», stigmatizzava ieri Roberto Santi del direttivo Filcams dell'Emilia Romagna. E in barba anche all'odg presentato (e accolto) all'ultimo direttivo nazionale della Cgil da Gianni Rinaldini, segretario generale Fiom, che impegnava la confederazione a non avviare alcuna trattativa in materia di pensioni, senza prima una consultazione tra i lavoratori.

Un problema di metodo, dunque, ma anche di merito - «una vera e propria controriforma». Tre, a giudizio dei delegati, i punti più controversi contenuti nel «memorandum». L'allungamento de facto dell'età pensionabile, anche mediante disincentivi all'uscita dal lavoro; il passaggio a un sistema contributivo pieno, «che rischia di essere un problema serio non solo per le giovani generazioni precarie»; l'estensione della previdenza integrativa anche al pubblico impiego, «che rischia di configurarsi come un vero smantellamento della previdenza pubblica». Come se poi, dicevano ieri diversi delegati, questa finanziaria, con la partita del Tfr e l'aumento della contribuzione sia per i lavoratori dipendenti che per i parasubordinati, già non provasse a fare cassa sulla pelle dei lavoratori. E come se il bilancio dell'Inps per i lavoratori dipendenti non fosse in pareggio, a parte i costi che dovrebbero essere a carico della fiscalità generale. «E' necessario aprire una vertenzialità dal basso, a partire dai luoghi di lavoro» ha concluso Santi. «Non sarà un caso che ogni volta che si parla di riforma del sistema pensionistico tutti si spaventano - commentava in conclusione un dirigente Cgil presente all'assemblea - Perché dal '74 in poi, sulle pensioni abbiamo solo perso».


Sara Farolfi


interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 frg    - 13-10-2006
"(...) è una scelta grave dal punto di vista dell’autonomia sindacale condividere l’impianto della finanziaria. La finanziaria è una legge e non un accordo sindacale, il sindacato fa un bilancio preciso sul dare e avere della finanziaria rispetto a quello che succederà alla lavoratrici, ai lavoratori, ai pensionati. E’ sbagliato invece che si appropri di un ruolo di sostegno alle politiche del governo. E’ una scelta che lede l’autonomia e che espone inutilmente la Cgil e il sindacato, ai rischi dell’assimilazione con lo schieramento di governo.

(...)"ci paiono chiare le ragioni di metodo e merito per le quali abbiamo votato contro al documento della segreteria. La Cgil sceglie una posizione di sostegno alla finanziaria sbagliata e priva di efficacia rispetto a tanti problemi aperti. Si sottovalutano i danni che vengono ai lavoratori dalle misure sulle pensioni, sulla sanità, sugli enti locali. Resta fumosa la prospettiva di una consultazione mentre è sempre più chiaro che da gennaio in poi ci sarà una megatrattativa che coinvolgerà pensioni, mercato del lavoro, contrattazione. C’è il rischio di un ritorno a una contrattazione peggiorativa di quella degli anni Novanta, in una situazione di caduta della democrazia e della partecipazione sindacale.
(...)
Ricordiamo che tutta la Rete28Aprile è impegnata a organizzare la massima partecipazione alla manifestazione del 4 novembre, a Roma, e che nell’ultima riunione del gruppo di continuità nazionale si è deciso che nella settimana tra il 23 e il 29 ottobre si farà controinformazione sulla finanziaria nei luoghi di lavoro. (...)"

Per visualizzare l'intero documento.

 dal Manifesto    - 14-10-2006
Sindrome acuta da Governo amico

Il gruppo dirigente della Cgil pare colpito in forma acuta dalla «sindrome del governo amico». Solo questo spiega perché nell'ultimo direttivo sia stata approvata a grande maggioranza la condivisione verso «l'impianto complessivo» della legge finanziaria.

Non è normale che un sindacato si esprima come se fosse in parlamento. Non è suo compito né concedere, né rigettare la fiducia ai governi. Una legge finanziaria, tra l'altro nella fase nella quale entra in parlamento, non è un accordo sindacale. Non ha bisogno di sigle o adesioni che tra l'altro, almeno per la Cgil, richiederebbero la ratifica da parte del voto dei lavoratori. Eppure, nonostante gli inviti alla cautela di importanti dirigenti dell'organizzazione, la segreteria ha preteso questo voto di fiducia verso il provvedimento del governo. In questo modo non solo si espone ancor di più la Cgil nella posizione di sostegno esterno alla coalizione di centrosinistra, ma si passa sopra il fatto che sull'impianto della finanziaria, solo qualche mese fa, il sindacato aveva una posizione ben diversa. Infatti all'epoca del Dpef Cgil, Cisl e Uil avevano sostenuto che era necessaria una manovra più leggera, magari distribuita su più anni. L'andamento reale della finanza pubblica, come ci ha ricordato Riccardo Realfonzo, rafforza questa ipotesi. Ma essa è stata brutalmente sconfitta dalla linea rigorista del governo. Ora la finanziaria è di quasi 35 miliardi, mentre il sindacato confederale auspicava una cifra molto più bassa. Perché allora rimuovere che si chiedeva un impianto diverso, e che non lo si è ottenuto? Perché cancellare, o rendere poco credibile, la posizione del passato?

La finanziaria compie un'opera di revisione in senso positivo, ma limitato, delle aliquote fiscali. Però la compensa negativamente con l'aumento della tassazione locale, con il taglio dei servizi, con l'aumento dei contributi pensionistici. Quest'ultima misura, sommata alla «devolution» del Tfr sui cui rischi ha scritto Roberto Pizzuti, fa sì che le risorse del sistema pensionistico vengano utilizzate solo per far cassa nel bilancio pubblico. Si può naturalmente sostenere che, tra il dare e avere, l'azione sindacale abbia condizionato la manovra. Si può giudicare diversamente l'effetto delle diverse misure, ma appropriarsi dell'impianto della manovra significa confondere e ribaltare il senso dell'azione sindacale.
Sempre più spesso si sentono dirigenti sindacali che chiedono di farsi carico della debolezza politica e delle contraddizioni del governo. Non possiamo esagerare, si fa capire, altrimenti torna Berlusconi.

No, non è così che si contrasta la ripresa della destra. Nei luoghi di lavoro non c'è un bel clima. Tante persone chiedono ai militanti e ai rappresentanti della Cgil se per caso non operino con due pesi e due misure. Respingendo tutto quando governa la destra, accettando troppo quando tocca alla sinistra. Magari tutti costoro sono negativamente influenzati dalla televisione e dai giornali, ma prendersela con le cattive capacità di comunicazione del proprio agire non è una buona cosa. Di solito, anzi, è un segno di difficoltà e crisi.

Proprio la debolezza del governo di fronte ai poteri forti dell'economia e alle pressioni del liberismo europeo e internazionale, richiederebbe un sindacato confederale capace di esercitare una pressione per lo meno eguale e contraria a quella della Confindustria. La quale, avendo già ottenuto molto, riesce a diffondere la favola della finanziaria sindacale, che necessariamente dovrà essere compensata a gennaio da nuovi tagli sulle pensioni, dal consolidamento della legge 30, da un patto sulla produttività che devitalizzi il contratto nazionale e, soprattutto, aumenti l'orario di lavoro.

Che i lavoratori italiani, gli unici veri creditori, siano improvvisamente tornati sul banco dei debitori, non può essere solo imputato agli equilibri della politica o al destino cinico e baro. E' evidente che questa situazione è dovuta anche all'assenza di un'efficace mobilitazione sindacale, sostituita dall'idea che la pressione delle interviste e la manovra istituzionale siano sufficienti a ottenere il massimo possibile dal governo amico. In questo modo non solo si snatura il senso dell'azione sindacale, che da rivendicativa e contrattuale diventa sempre di più istituzionale e concertativa. Non solo si cancella nei fatti la pratica della democrazia; e non a caso si firmano sempre più accordi, o memorandum, senza farli votare da coloro che si vogliono rappresentare. Non solo il sindacato così si istituzionalizza, diventando sempre più debitore verso la politica della propria autorevolezza. Ma, in questo modo non si aiuta nemmeno il governo a reggere il confronto con chi considera bolscevismo la cauta applicazione del principio einaudiano, secondo il quale il fisco deve correggere le ineguaglianze più brutali. L'indipendenza del sindacato non serve solo ai lavoratori.

Giorgio Cremaschi

 Angela Cifariello    - 16-10-2006
Il governo Prodi ci ha preso per i fondelli e i sindacati confederali si sono resi complici di una scelta gravisisma, che peserà molto sulle spalle dei lavoratori.