Un figlio dislessico, un figlio speciale
Laura mamma di un bambino dislessico - 08-03-2010
Gentile Direttore,
sono mamma di un bambino dislessico e mi trovo nuovamente di fronte ad insegnanti che intervengono non solo nelle scuole ma anche nei media ad inveire furiosamente contro il riconoscimento della dislessia e degli altri disturbi specifici di apprendimento (disgrafia, disortografia e discalculia) in nome di un egualitarismo tanto massificante quanto anacronistico.
Ma a cosa serve tutta la loro decantata esperienza di insegnamento se non hanno ancora capito che è la scuola che deve riconoscere le specificità individuali, che è la scuola che deve adattarsi ai bisogni formativi degli allievi (e non viceversa), che è la scuola che deve dare gli strumenti di apprendimento di cui ciascun bambino ha bisogno? Equità non significa dare a tutti la stessa cosa ma a ciascuno ciò di cui ha bisogno.
Personalmente non ho alcun problema a dire che mio figlio è dislessico e non lo reputo né diverso, né malato, né tantomeno disabile. Piuttosto un po' speciale: è un bambino intelligente ed arguto che può seguire il percorso scolastico ed apprendere come, ed in alcuni casi anche meglio, dei suoi compagni, come sta peraltro dimostrando con ottime pagelle. Ma lo può fare attraverso modalità diverse perché i processi che consentono di fare della lettura e della scrittura e del calcolo degli atti automatici (come quando dopo un po' di pratica si guida senza pensare alle procedure che si mettono in atto) non sono per lui possibili. Leggere e scrivere risultano attività molto faticose che assorbono tutte le sue energie senza lasciare alcuno spazio alla comprensione e all'apprendimento. Per poter apprendere deve quindi utilizzare, quando necessario, degli strumenti, come il computer o la calcolatrice, che gli consentono di bypassare i suoi problemi "strumentali" lasciandogli sufficienti energie per concentrarsi sui contenuti. A qualcuno verrebbe mai in mente di togliere gli occhiali ad un miope per farlo leggere alla lavagna "come tutti gli altri" e di dirgli che non ci riesce perché non si impegna?
Mi risulta che obiettivo della scuola sia l'apprendimento e non il mero esercizio strumentale e, più in generale, che sia il fine a giustificare i mezzi. E' tanto difficile da capire per queste insegnanti di così "grande esperienza"?
L'utilizzo del computer, a scuola e a casa, lo ha reso autonomo, gli ha consentito di sentirsi alla pari con i suoi compagni e gli ha ridato l'autostima e la fiducia in se stesso. Non gli è servito un insegnante di sostegno ma solo un team scolastico con un minimo di sensibilità e rispetto per la sua individualità e con la capacità di applicare una didattica flessibile alle sue particolari esigenze di apprendimento. E, certo, una famiglia che con grande determinazione lo ha aiutato e sostenuto.
Ci ha messo 4 lunghi anni (quasi metà della sua vita) ad uscire dal trauma della sua disastrosa prima elementare, annientato dalla rigidità di insegnanti come quelli che esprimono la loro tracotanza sulle pagine dei giornali. Sarebbe certamente nel baratro della depressione, a contare le ore per poter abbandonare la scuola, come purtroppo succede molto spesso a questi ragazzi, se incompresi e non supportati adeguatamente dalla scuola e dalla famiglia. Per ogni ragazzo dislessico che viene "salvato" che ne sono tanti, tantissimi che invece soccombono, non dimentichiamolo.
Ha trovato invece persone di ben altro spessore che hanno via via compreso le sue difficoltà, hanno apprezzato le sue risorse, gli hanno dato fiducia, hanno rispettato le sue particolarità e non gli hanno imposto un rigido e standardizzato metodo didattico. Se un bambino non riesce ad esprimersi con la penna ma scrive bene con il computer, se riesce a leggere solo distruggendosi dalla fatica ed utilizza la sintesi vocale per farlo più agevolmente, se scrive in stampato perché in corsivo non riuscirebbe neanche a capire se stesso, se ha bisogno della fotocopia ingrandita per poter completare un test e se con tutto ciò comprende, apprende, ha un buon rendimento e riesce a seguire il normale percorso scolastico allora dov'è il problema?
Nella grettezza di chi non sa considerare la diversità una risorsa, nei pregiudizi di chi è chiuso nel proprio limitato orizzonte.

Laura, mamma di un bambino dislessico (Vicenza)
laura@quidonline.it

Tags: dislessia, scuola, dsa, insegnanti, bambini, ragazzi, famiglia


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 Isabella Vacondio    - 21-03-2010
Gentile signora, ho letto con molta attenzione la sua lettera e concordo su quasi tutto con lei. Credo anch'io che compito dela scuola sia quello di fornire a ogni alunno percorsi e strumenti adatti alle specificità di ciascuno. Concordo pienamente sulla sua definizione di equità. Ho una carriera trentennale e sapesse quante volte mi vengono alla mente volti di miei alunni dei primi anni che noi docenti avevamo classificato come "alunni con poca voglia di studiare" e che invece probabilmente avevano problemi specifici di apprendimento ma allora non se ne parlava... Ora sì

Le classi: abbiamo classi sempre più numerose: 25 - 26 ...31 e sempre più eterogenee: c'è il bambino dislessico, c'è lo straniero arrivato da due mesi che non capisce una parola di italiano e allora bisogna preparare e somministrare materiale figurato, c'è lo straniero arrivato da uno due anni che capisce l'italiano povero e ha bisogno di un linguaggio essenziale (tutti gli altri invece hanno giustamente la necessità di apprendere il linguaggio specifico di ogni disciplina), c'è il bambino con certificazione, grazie al quale la classe è arricchita di un docente di sostegno (se la sidrome certificata non è gravissima solo 6-9 ore su trenta vedono la presenza del docente di sostegno; e le altre? Nelle altre giustamente se ne occupa il docente curricolare da solo), c'è il bambino un po' lento che "arriva" ma necessita di esercizi ripetitivi e tempi più lunghi, c'è il bambino che non riesce a star fermo,........ c'è il bambino bravissimo che va stimolato, atrimenti perde interesse.

Io credo fermamente che compito del docente sia occuparsi di TUTTI gli alunni, credo che non debba essere sprecato nulla delle potenzialità di ciascuno. Il docente però VA MESSO NELLE CONDIZIONI di poter lavorare serenamente con gli strumenti adatti
Non è più così, purtroppo. quella che viene "VENDUTA" come una RIFORMA dela scuola e soltanto UN TAGLIO ALLE SPESE EPOCALE.

Banalmente la carta: bisogna fare poche fotocopie, perchè se finisce la carta non abbiamo più soldi per comprarla; per fare fotocopie a colori ogni volta debbo passare dall'uficio della dirigenza che valuta se posso farle.
Le compresenze: anche alla scuola media, tagliato l'orario dei docenti di lettere non è più possibile attuare dei percorsi in compresenza: " per quell'alunno ho in mente un percorso adatto ma da sola non ci riesco, allora pazienza...."
Potrei continuare a lungo.
Credo che le famiglie non si rendano tanto conto di come la scuola sia senza mezzi, perchè noi docenti troppo spesso poniamo riparo con una presenza a scuola oltre l'orario che una volta prendeva il nome di "ore aggiuntive" ora invece si chiamano VOLONTARIATO. Lei pensi che per quanto riguarda le ore straordinarie mi hanno pagato solo fino a dicembre 2007. Sono due anni e tre mesi che i docenti della mia scuola non percepiscono un euro per le ore aggiuntive svolte (purtroppo non è un problema della mia scuola.... e un problema generale).
Nel salutarla e nell'augurarle che sua figlio trovi sempre nella scuola ciò che gli è dovuto, le chiedo di riflettere sulla difficoltà dei docenti di lavorare così come vorrebbero, se qualcuno si stanca, può anche essere capito, cordiali saluti, Isabella