Autosospensione della tessera sindacale: parliamone
Isa, Francesco, Emanuela, Grazia, Giuseppe - 04-06-2007
Nel piccolo paese di alcune nostre infanzie pareva impossibile sbagliare via: poche strade, alcune senza neppure un nome, ma si sapeva che là viveva il ciabattino e qua il fabbro. Nessuna possibilità di confusione per gli abitanti che mai si sarebbero trovati nella casa sbagliata per distrazione o incomprensione. Forse l'occasionale viaggiatore avrebbe potuto avere qualche dubbio, ma presto confortato dalla compagnia solerte, e certo curiosa, della comunità intera.

Capita, nelle vaste città di molte nostre età adulte, corredate da mappe stradali, segnaletiche, "voi siete qui", corsi di orienteering, codici e regole chiare, di perdersi proprio davanti alla cartina, o, se il contesto è virtuale, proprio sotto l'ennesima netiquette, che pareva tanto ma tanto esauriente.

Chissà se la colpa è dell'eccesso di complessità o del fatto che ai cambiamenti fatichiamo ad abituarci e continuiamo a navigare come se leggessimo le pagine di un libro, o a pensare che la rete sia come un viaggio di andata e ritorno, direzioni chiare, prevedibili, matematicamente reversibili.

O chissà se, invece, anche dentro i nuovi contesti comunicativi, che aprono a forme alternative di relazione e democrazia, riproponiamo inesorabilmente modelli di tipo autoritario, violento, abusivo.

Questa lunga premessa nasce da riflessioni che insieme abbiamo sviluppato, a partire da un fatto, forse poco noto, ma certamente significativo.

Tra le firme della petizione di autosospensione della tessera sindacale, qualcuno ha voluto inserire dei commenti di dissenso per l'iniziativa.
Il dissenso è insieme il sale e il pepe della democrazia: sarebbe veramente singolare se da parte di chi tale democrazia invoca, o addirittura ha subito e subisce la repressione a causa del proprio dissenso, venissero messi in atto comportamenti di censura.

Il fatto è, e qui il segnale di una confusione comunicativa ci è apparso chiaro, che una petizione non è un forum: una petizione si firma se si è d'accordo col testo che la rappresenta.

Se non si è d'accordo non si firma e basta. È così con le petizioni cartacee, perché non dovrebbe essere altrettanto vero per quelle online?

Sarebbe davvero singolare recapitare ai destinatari una petizione in cui una parte dei firmatari è d'accordo con la petizione e una parte non lo è. O no?

Quindi se il dissenso sull'iniziativa vuole diventare palese deve trovare altri canali per esprimersi.

E torniamo alla rete, che fortunatamente ne offre in grande abbondanza: c'è solo l'imbarazzo della scelta, tra siti, forum, mailing list, newsletter ... Questi spazi offrono tra l'altro la possibilità del contraddittorio tra le diverse posizioni a riguardo di una questione.
Non è quanto in altri luoghi, quali lo spazio commenti della lista dei firmatari di una petizione online, sia consentito fare.

Per riportare allora un po' d'ordine nelle maglie di casa nostra, abbiamo pensato di accompagnare la petizione online, che tale è e deve rimanere, con uno spazio di discussione su questo sito; uno spazio in cui tutti possano liberamente partecipare ed esprimere la propria opinione in merito.

Invitiamo tutti coloro le cui firme sono state cancellate dalla petizione online per le ragioni di cui sopra, e tutti coloro che vorrebbero dire qualcosa e non hanno trovato il posto giusto, a postare le loro riflessioni e i loro commenti in questo spazio.

Invitiamo inoltre i siti che ospitano i banner della petizione a linkare questo spazio di discussione.

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 Pasquale La Malva    - 04-06-2007
E che c'è da parlare? Vi sembrano proposte accettabili? Ma lo volete capire che di più non si può fare?

 Isa Cuoghi    - 05-06-2007
Si può fare di più invece.
Molto di più.
Sono le scelte politiche che contano.
E nella politica, la scuola è considerata tra gli ultimi.
Come se non potesse avere spazio nei discorsi e nelle scelte di azione di governo, di tutti gli ultimi governi di questi decenni.
Se tagliare si deve, tranquilli.. si comincia da lì, dalla scuola.

E non capiscono,invece , che gli investimenti nella scuola arrivano a TUTTI i cittadini, a TUTTE le famiglie e, di conseguenza, avrebbero un effetto qualitativo nel futuro del Paese.
E non parlo solo di contratto, ma di organizzazione, di strutture, di investimenti, di energie, di formazione.. di informazione, di coinvolgimento..

Caro collega, perfino Draghi nel suo discorso , ha esortato la politica ad investire di più nella scuola, nella formazione dei docenti, perchè solo con la conoscenza le persone avranno una effettiva libertà, e parità nell'accesso ai posti di lavoro, nella politica, nell'economia.
Possibile che sia una cosa così difficile da capire, per i nostri politici ?

Possibile che ci si debba accontentare sempre di poco, sempre di meno.. così facendo, accettando sempre meno, avremo sempre meno e sempre meno in qualità, sempre meno in termini di opportunità per i ragazzi.

Ti chiedo di allargare di più il discorso, di approfondire il tuo pensiero, per discutere in concreto, di scuola, se vuoi.

Isa

 Marino Bocchi    - 06-06-2007
Perfino Draghi, commenta Isa Cuoghi. Ma Draghi non ha chiesto piu' soldi per la scuola, anzi ha tenuto a sottolineare che lo Stato italiano e' quello che in Europa investe di piu' per alunno pro-capite. Draghi e' un tecnocrate, a cui interessano solo le tre "I": l' Inglese, l' Informatica e in particolare l'ultima, l'Impresa. Giacomo Marramao, presidente della fondazione Lelio Basso, ha fatto su Liberazione del 2 giugno delle osservazioni critiche molto interessanti sulle tre "I", a cui vi rinvio. Draghi, se si va a leggere la sua relazione , non ha chiesto piu' investimenti, al contrario, ha chiesto piu' regole, cioe' piu' controlli, per una scuola pensata come sede di addestramento al lavoro, in cui formare coscienze conformi e funzionali.

 Isa Cuoghi    - 07-06-2007
... Dal Corriere

ISTRUZIONE - Draghi ha anche speso parole di stimolo per un rinnovo sostanziale del sistema scolastico: «L'istruzione si conferma al primo posto fra i campi dove il cambiamento forte è necessario. La bassa collocazione del nostro sistema scolastico nelle graduatorie internazionali - ha detto Draghi nelle sue Considerazioni - ha una caratterizzazione territoriale che merita attenzione. Al Sud i divari di apprendimento sono significativi già a partire dalla scuola primaria, tendono ad ampliarsi nei gradi successivi«. E la condizione di povertà di conoscenze, ha sottolineato Draghi, «è anticamera della povertà economica». Eppure le risorse non mancano, ha spiegato il numero uno di Palazzo Koch: «Per studente sono più elevate in Italia che nella media dei Paesi europei». Il problema vero è anche quello dei docenti, i cui «percorsi di carriera sono governati da meccanismi che mescolano, a stadi diversi, precarietà e inamovibilità». Ogni anno - ha spiegato il governatore - oltre 150mila insegnanti su 800mila cambiano cattedra, «in un travagliato percorso di avvicinamento alla posizione desiderata. Tutti circoli viziosi che penalizzano, disincentivano gli insegnanti, tradiscono le responsabilità della scuola pubblica».


Dalla rassegna stampa Flc Cgil

01/06/07 Tuttoscuola: Draghi: le risorse per la scuola ci sono, ma sono spese male.

Nelle Considerazioni svolte oggi da Mario Draghi di fronte ai partecipanti all’assemblea ordinaria della Banca d’Italia compare un breve, ma secco riferimento alla questione degli insegnanti. "In Italia il reclutamento dei docenti, la loro distribuzione geografica e fra le diverse scuole, i percorsi di carriera sono governati da meccanismi che mescolano, a stadi diversi, precarietà e inamovibilità".

La mobilità degli insegnanti, ha aggiunto Draghi, "ha scarso legame con le esigenze educative, con meriti e capacità: ogni anno più di 150 mila insegnanti su 800 mila cambiano cattedra in un travagliato percorso di avvicinamento alla posizione desiderata".

Dopo aver osservato che in Italia manca tuttora un efficace sistema di valutazione delle scuole, che in altri paesi funge da "indispensabile complemento dell’autonomia scolastica", Draghi afferma che "per cambiare la scuola italiana si deve muovere dalla constatazione dei circoli viziosi che la penalizzano, disincentivano gli insegnanti, tradiscono le responsabilità della scuola pubblica".

Infine, il Governatore fa una considerazione destinata a suscitare discussioni soprattutto tra i sindacati, che si avviano a un rinnovo contrattuale che non sembra destinato a muoversi nella direzione da lui indicata. I veri problemi, sostiene Draghi, sono quelli legati alla qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento, e non quelli della carenza di risorse finanziarie, che non esiste, visto che la spesa per studente è in Italia più elevata che nella media dei paesi europei.



Partiamo da qui, dall'intervento di Draghi.
Intanto una cosa ci tengo a dirla, ho cercato sul web il testo del discorso che avevo letto su Repubblica.
Bene, a parte questi due che ho incollato, in nessun altro sito in cui sa stato inserito il discorso di Draghi, in NESSUNO , ripeto, è stato fatto cenno alla parte sulla scuola.
Nè in questi risulta completo il suo intervento sulla scuola.
E questo, qualcosa significa su come sia alto il disinteresse e su come sulla scuola interessino, invece, all'informazione, gli scandali, i fatti eclatanti.

Non discuto sul fatto che Draghi sia un tecnocrate e un fautore delle 3 I, ma in questo discorso dice alcune cose che posso condividere.

Sul reclutamento, sul precariato, sui soldi spesi male.
Che sono a dire il vero problemi di lungo corso... in Italia nessuno mai verifica come sono stati spesi i soldi.
Sulla precarità e le difficoltà che incontrano gli insegnanti per avvicinarsi al posto di ruolo, sui circoli viziosi che penalizzano la scuola italiana.
Burocrazie e formalità che sono come macigni.

E, dico io, sul fatto che nessuno mai ha pensato, tra i vari Ministri succedutisi al Ministero, di iniziare una vera verifica su come vengono spesi i soldi... che da quando c'è l'autonomia non sappiamo più nulla se non che ogni anno calano... supplenze non retribuite, mancanza di fondi seri per la formazione, per il funzionamento dei laboratori nelle scuole..

Per quanto riguarda le parole rivolte a sindacati ed ai contratti, sul fatto che da noi i finanziamenti ci sono ma sono spesi male, e che i contratti non vanno nella direzione da lui auspicata, beh qui avrei desiderato anche io un chiarimento più specifico.
Ai sindacati la risposta.
Non l'ho ancora letta ma forse mi è sfuggita.
Ho letto solo una risposta a draghi sullepensioni.

La mia idea sulla scuola è per una politica in cui l'impresa NON abbia il sopravvento anche nelle scuole, in cui possa dettare il suo vangelo... e non sono per i tagli nei finanziamenti, ma non sono nemmeno per lo spreco di risorse.
Sono per una scuola che dia cultura e soprattutto che insegni ad apprendere, che dia senso critico e onestà intellettuale.
Che dia a tutti i ragazzi pari opportunità, e cultura per essere liberi di scegliere.

Nel mio intervento precedente volevo evidenziare come anche il governatore Draghi avesse parlato di emergenza scolastica ed avesse dichiarato che la scuola è indispensabile per formare cittadini liberi e con pari opportunità .

Discorso sulla scuola che nessuno però ha raccolto, se non altro per cominciare a porselo, il problema scuola, perchè mi sembra, veramente, che in questo ultimo anno sulla scuola si stia navigando a vista.

Ritengo indispensabile una formazione dei docenti, permanente , e fondi ad hoc.
Sono indispensabili stipendi europei, non solo regole europeee, per i docenti.

Segnalerei a questo punto anche l'articolo di Starnone, sulla scuola .

 Marino Bocchi    - 07-06-2007
Ho letto l'intervento di Draghi su Il sole 24 ore del 2 giugno. Da quanto ho capito, ha parlato a braccio, sintetizzando a ruota libera il testo della relazione finale, reperibile sul sitodella Banca d'Italia (dove un paragrafo specifico e' dedicato alla scuola, all'interno del capitolo sullo stato dell'economia italiana (Il lavoro e l'istruzione dei giovani). Condivido molte delle osservazioni di Isa. Volevo solo sottolineare che il discorso di Draghi si muove all'interna di una logica in cui la scuola e' vista come un fattore che va riportato in attivo per migliorare il saggio di profitto del sistema capitalistico italiano. Per intelligenti tecnocrati come Mario Daghi il sapere non ha un valore autonomo, un valore in se' ma e' fondamentale e necessario per la crescita del sistema, alla cui logica devi quindi sottostare. Non per allargare il discorso pero' ricordo che recentemente Paola Mastrocola ha sostenuto idee molto simili nell'accusare Don Milani di esser stato il fautore dello sfacelo della scuola italiana (opinione che Draghi, sono convinto, sottoscriverebbe). Il presupposto comune ad entrambi e' di tipo meritocratico. Ma cosa sia davvero il merito e come misurarlo, con quali parametri, e quale debba essere il paradigma di fondo che lo renda evidente e comprensibile, costoro non ce lo dicono perche' lo ritengono una variabile oggettiva, quantificabile, indipendente (od unicamente dipendente, per l'appunto, dalle tre I). E' un quadro teorico e concettuale che non mi appartiene e che a parer mio inquina alla radice ogni elemento parziale che lo compone, in quanto orientato ad un fine politico che ho sempre contrastato e con cui non mi va di scendere a compromessi..

 Isa Cuoghi    - 08-06-2007
Condivido alla virgola le parole di Marino Bocchi.

Non mi sono mai sentita vicina ai poteri forti, soprattutto quando questi cominciano a occuparsi di scuola e di desiderio di riallinearla ai parametri che hanno in testa.

Nel mio iniziale intervento, in risposta a Pasquale, volevo sottolineare che di emergenza scolastica ne ha parlato persino Draghi, di cui condivido molte osservazioni ma non la cura.. anche se, come scrive Marino, dalla politica-finanziaria la cura non è mai esplicitata fino in fondo , e questo già di per sè mette qualche ombra.

Spesso poi queste cure e le loro idee sono in parte chiarite in Convegni a cui partecipano industriali e politici che mi fanno morire dal ridere, per non dover piangere che ormai non ho più voglia, quando con la solita autoreferenzialità decidono interventi e cure da cavallo sulle nostre teste..
Lo ricordate il gruppo del BUONSENSO per la scuola (https://www.didaweb.net/fuoriregistro/leggi.php?a=3640 ) e della Fondazione Italianieuropei (https://www.didaweb.net/fuoriregistro/leggi.php?a=3675 ) che con D'alema al chiuso di un hotel scrissero un documento proprio sulla risoluzione dei problemi della scuola , ovviamente col solito metodo che è quello di non invitare MAI persone che nella scuola ci vivono ?


isa

 Giuseppe Aragno    - 08-06-2007
Cara Isa e caro Marino, è un peccato che alla vostra bella discussione si sia aggregato per un attimo il solo La Malva, che s'è poi immediatamente defilato, guardatndosi bene dall'entrare nel merito dei problemi posti da Isa. Un contributo piccolo provo a darlo anch'io, partendo da una confessione, che è poi l'ammissione implicita di uno di tanti mei limiti che gli anni - e la nausea - vanno fatalmente rinforzando. Voi mi perdonerete, ma l'intervento di Draghi io non l'ho letto. Non l'ho fatto nemmeno quando avete preso a discuterne e quando Marino l'ha linkato nel suo commento, come di consueto attento e acuto, alle appassionate e condivisibili osservazioni di Isa. Mi sono convinto che quando ne hai letto uno di questi signori, li hai più o meno letti tutti e, in ogni caso, gli anni mi vietano arrabbiature troppo frequenti.
Non lo so cosa intendano Draghi e compagni per "merito", ma sono certo che Marino ha ragione: a monte c'è il disegno politico di una classe dirigente che si muove al servizio del capitale in una logica di profitto e di sfruttamento, nel quadro di un mercato che si autoregolamenta. La scuola in questo contesto non ha ragione d'essere se non come strumento di selezione e controllo sociale, formazione di ceti subalterni destinati al lavoro e alla rassegnazione. Una fabbrica di servi, insomma, non una fucina di cittadini liberi e consapevoli. Non so se Draghi conosca davvero Don Milani: se l'ha letto non l'ha certamente capito. Non può: gli mancano le qualità per "leggere" il mondo a diverse dimensioni. Draghi non è intelligente come Marino generosamente lo definisce. Come potrebbe esserlo se per tutta la vita ha lavorato per condurci al punto in cui siamo e ancora non s'è fermato per interrogarsi? L'intelligenza è una qualità complessa dell'uomo e gli impedisce anzitutto di credere ciecamente in qualsivolglia dottrina. Un uomo intelligente riconosce il sapere come valore autonomo e, se lavora al servizio di un sistema che intende cancellare questa autonomia per piegarla alle regole del mercato, avverte il pericolo di un impazzimento del sistema che serve. Draghi e compagni - e ci metterei anche i Buonsensisti e tutto il bel mondo citato altrove da Isa - non hanno questa percezione. Sono i motori di uno sfascio planetario e hanno la presunzione di avere le ricette per curare ogni male. Ritengono di essere liberi e laici e sono legati mani e piedi dalla fede cieca che hanno nella propria scienza. L'intelligenza fa a pugni con tutto ciò che non sa apporsi a se stesso, che non verifica le scelte nei fatti e non si nutre di dubbi. Il problema che mi pongo - e vi pongo - è questo: da quale scuola, da quale idea di formazione e da quale società nasce Draghi? Dov'è la radice di quello che ci accade e dove abbiamo sbagliato? Perché non possiamo chiamarci fuori. Ci sono evidentmente le nostre responsabilità. Quando, come, dove? E oggi? Che possiamo fare? E che facciamo? Per quanto mi riguarda, sono davvero poi così vecchio per non stare più nei luoghi dove concretamente si lotta? E non intendo certo i partiti e i sindacati.

 isa cuoghi    - 09-06-2007
... Dov'è la radice di quello che ci accade e dove abbiamo sbagliato? Perché non possiamo chiamarci fuori. Ci sono evidentmente le nostre responsabilità. Quando, come, dove? E oggi? Che possiamo fare? E che facciamo? Per quanto mi riguarda, sono davvero poi così vecchio per non stare più nei luoghi dove concretamente si lotta? E non intendo certo i partiti e i sindacati.

Mah, Giuseppe, non è facile dare risposte alle tue domande, che considero proprio il punto da cui partire per comprendere cosa vogliamo.
Dove, quando e come abbiamo sbagliato, visto che, come dici, non ci si può chiamare fuori.

Se parto dalla mia esperienza, mi viene subito in mente la discussione nel periodo in cui la cgilscuola chiese alla base l'accordo per fondersi nella confederazione con cisl e uil.
Io espressi molti dubbi, avevo il timore che la fusione sarebbe stata negativa soprattutto per le rivendicazioni della cgilscuola, che allora rappresentava veramente la sinistra, nei sindacati.
Avevo il timore che la sinistra non avrebbe più avuto il suo ruolo e la sua collocazione.. insomma a farla breve avevo paura di una precoce democristianizzazione della Confederazione.
Cisl e Uil , con le loro politiche moderate, centriste, anche gattopardesche, non avrebbero avuto difficoltà nella nuova alleanza.. loro non sarebbero mai cambiati, dimostravano e dimostrano la volontà e l'incapacità vera di modificare se stessi.

La cgilscuola invece nel caso in cui non avesse continuato a fare sentire la voce della sinistra, sarebbe stata a poco a poco fagocitata da una politica sempre più moderata e adeguata al potere centrista.. che ritrovi bello e buono e onnipresente in ogni aggregazione di partiti, sia di destra che di sinistra.. il centro, il mezzo, è in ognuna.
Credo che i fatti poi mi diedero ragione.

E così è stato nella politica, da quando il PCI è diventato PDS poi DS poi sono cominciate a sparire la falce e il martello.. e ultimamente da PD manca solo l'aggettivo cristiano che si è rifatto il vecchio sistema .. quello per cui non volevamo morire.. democristiani.

Beh io credo che a causa di tutto ciò anche le menti di molti di noi si siano omologate a una politica moderata del non-cambiamento, del conservare, del benpensantismo, del buonsensismo.
Ogni voce fuori dal coro diventava rivoluzionaria, disfattista, eretica..
E così anche nel sociale, nella cultura, nelle scelte politiche che hanno fatto sì che ci sia stato un allontanamento di coloro chei vedevano emarginati e trattati come fuori dal tempo, i valori in cui credevano .

Hanno preso il sopravvento i soliti borghesi dei salotti buoni, quelli che hanno la vita facile e non vogliono sporcarsi le mani con i problemi del Paese.

E' stato facile per molti seguirli e pensare che quello che predicavano fosse vero e raggiungibile per tutti.. i salotti buoni , i radical chic, gli intellettuali di sinstra,, tutti omologati al nulla.. perchè nulla hanno fatto, nulla è cambiato,ma tutto si è consolidato in politiche di recupero dei debiti che essi stessi procuravano con una cattiva amministrazione che consolidava, ancora, potere, privilegi, sprechi, evasione fiscale.

Insomma io la maggior parte delle colpe la dò a una classe di governo e sindacale che non è riuscita a passare il guado con noi, ma ha preferito restare in lidi comodi.. comodi però solo per loro.

Chi ha voluto contestare è stato spesso emarginato e zittito, chi voleva cambiare la politica ha fatto una paura ai nostri parlamentari che si sono perfino creati una Legge che non ci permette nemmeno di votare le persone.

Intanto nella realtà di ogni giorno , informazione e media hanno continuato a martellare sulla fine dei valori per cui lottavamo, proponendone altri che hanno avuto una capacità di attrazione notevole..
Concordo in pieno con il bell'intervento di Claudia Fanti, soprattutto dove scrive :

... Qui dal basso si assiste impotenti a una sfilata di morti che parlano sempre con lo stesso linguaggio svuotato di ogni riferimento alla realtà delle case dei cittadini.
E che non si parli del sindacato contemporaneo! In teoria tutto compatto nelle dichiarazioni altisonanti a favore della "povera" gente che lavora senza diritti, in pratica pronto a firmare contratti da fame per i "giovani" lavoratori del presente in nome dei sacrifici utili alle future generazioni!!!

Qualche parlamentare o intellettuale impegnato sopravvive alla politica morta, tuttavia è qualcuno i cui gesti vengono guardati con ingiusta irriverenza come fossero più folclore che altro...si assiste ormai impassibili a scioperi della fame, della sete, a sit in autogestiti sotto la pioggia...Normale che ciò non susciti più reazioni tra le persone abituate a ben altri input da grande fratello...! Normale in una società senza "giovani", sì perché essere giovani significa che si hanno idee, si fatica per costruirsi il futuro, ci si batte per le proprie teorie sul mondo dei figli a venire, ma ai "giovani" è stata tolta prima di tutto questa capacità, per mezzo di un sapiente lavoro di persuasione educativa rivolta a potenziarne il narcisismo, grazie a una pedagogia della melassa, giovanilista, buonista, fifona e conigliesca sia a scuola sia in famiglia. Non ci sono giovani, ci sono individui che si affannano a costruirsi il nido spesso senza riuscirci per ovvi motivi di carenza di mezzi e che poi si stupiscono prima e "incazzano" dopo se non ce la fanno, senza chiedersi il perché ciò sta a loro accadendo, a loro tutti, non soltanto a se stessi. Ci sono giovani che si danno da fare anche nel sociale, è vero, ma la POLITICA a loro non piace, quindi si dedicano al particolare, al vicino sofferente, che va più che bene, ma non basta!

Qui nel nostro Paese, come altrove del resto, il lavoro di una ripresa etica sarà lungo e forse sanguinoso, per cui, diciamocelo francamente, è inutile scandalizzarsi davanti a manifestazioni come quella de L'Aquila, in quanto esse faranno parte del nostro futuro...e anche se si decidesse di reprimerle, coloro i quali hanno partecipato esistono, pensano, sono stati partoriti dalla società che li ha provocati con comportamenti e opere indecenti.

Prima li si vuol far consumare, poi si tolgono loro i consumi con stipendi da fame e prospettive di vita meschine, prima li si vuol far studiare e pensare, poi si toglie loro diritto di un riconoscimento decente e di trovare lavoro. Prima si dice loro, anche con la pubblicità martellante e oscena, che hanno diritto a ogni tipo di benessere per il loro personale benessere, poi li si priva del pane che costa anch'esso sempre più, si piagnucola che non avranno più la pensione e di che vivere, intanto si sventolano sotto il loro naso pensioni da favola orientale...


Sì. Certo. Poi sono nati i Cobas, sono nati Rc e Pdci.
Ma vengono trattati come pericolosi estremisti .. e anche dalla sinistra moderata.
Meglio Mastella, scusa, con lui sei tranquillo..

Forse la nostra colpa è stata di non aver saputo allearci, incontrarci, parlarci, forse abbiamo avuto ancora una volta fiducia in persone che ce la chiedevano.. forse abbiamo fatto passare troppo tempo..
Abbiamo sbagliato a non dire NO ad aggregazioni che ci portavano per strade diverse da quelle che volevamo percorrere.
Abbiamo sbagliato a farci mettere il bavaglio,, perchè così è stato, il bavaglio ce lo hanno messo, tagliando tuti i ponti con l'informazione, a qualsiasi livello.. e negandoci posti che essi stessi non volevano lasciare.

Dov'è finita Cambiare rotta, all'interno della cgilscuola?

Dov'è finito il dissenso, che è il sale della democrazia.

Dove sono le voci fuorti dal coro, che sono le spine nel fianco di chi dovrebbe anche ricordare da dove viene..

Ecco la nostra colpa è stata di esserci adeguati ad un silenzio che ci veniva imposto.. dovevamo scendere di nuovo in piazza contro chi ce lo imponeva, anche se erano nostri fratelli e compagni.

Bisogna ricominciare, Giuseppe e non siamo ancora vecchi per non poterlo fare.. l'età non conta, come in amore.. ed è solo l'amore per valori come la democrazia, la solidarietà, il rispetto, i deboli, gli emarginati, le voci fuori dal coro, è il desiderio di uno stato veramente sociale.. è tutto questo che ci tiene ancora qui, con la voglia di scrivere e comunicare.

Troppa retorica ?
Mah, fate voi, io credo che ci sia di nuovo bisogno di recuperare prepotentemente i valori che sono stati accantonati per i nuovi quali : potere, disprezzo per gli altri, politiche liberiste, supremazia delle imprese e dei nuovi padroni,, perchè padroni lo sono davvero, di tutto, compresa l'informazione che se non è libera non ci permette di vivere la democrazia.

Lo so Giuseppe, forse non ho risposto ai tuoi quesiti, ho solo scritto cosa mi manca.. ma mi sembra di appartenere a una specie in via di estinzione che non vorrei si estinguesse ..
Dov'è finito il mondo migliore che volevamo, solo utopia ? .. possibile che si allontani sempre .. mentre si avvicinano sempre più immagini di una vita che non mi appartiene?

isa

 Marino Bocchi    - 09-06-2007
Giuseppe si chiede dove abbiamo sbagliato. E io penso che sia la domanda piu' semplice e piu' intelligente che noi docenti e cittadini democratici e di sinistra, immersi in questo sfacelo, ci dovremmo porre. E' una domanda seria, niente affatto retorica. E scomoda, come le risposte che pretende. Quella che mi viene in mente e' implicita nella chiusa del penultimo intervento di Isa. Abbiamo delegato. Per stanchezza e sfiducia ci siamo lasciati sottrarre, poco per volta, la facolta' di scegliere e decidere. L'abbiamo rimessa ad altri, partiti e sindacati, ma non possiamo prendercela solo col destino cinico e baro. E' stato anche per colpa nostra se tutto cio' e' accaduto. Molti di noi si sono svenduti all'ideologia dominante. Di fronte alla perdita di status sociale e culturale del nostro lavoro, ci siamo lasciati incantare dalle sirene che ci invitavano a diventare dei bravi tecnici, dei professionisti, degli specialisti. Ci siamo lasciati parcellizzare, ciascuno nel suo ambito disciplinare. E abbiamo perso di vista la complessita' della nostro funzione. Il cataclisma concettuale e terminologico che ci ha devastati, la trasformazione del pensiero pedagogico in prontuario di tecniche al servizio del pensiero unico, mercificato e liberista, ci ha privati della visione d'insieme, dell'idea cioe' che era stata al centro dell'azione della pedagogia democratica degli anni '60: quella per cui la scuola e' il luogo dell'affrancamento, della compensazione sociale, del pieno sviluppo critico, libero ed emancipato, della persona. Incapaci di trovare delle risposte avanzate, delle soluzioni politiche in senso proprio, alla perdita della centralita' della scuola e del nostro lavoro (crisi dovuta ad un processo di profonda trasformazione sociale), non siamo stati in grado di essere protagonisti e artefici di una proposta di cambiamento del modello educativo della scuola di massa, a partire pero' da una ferma rivendicazione dei principi che l'avevano indirizzate e sostenuta. Li abbiamo invece rinnegati quei principi, sostituendoli con un ibrido insignificante di parole ingannevoli e false ricavate da un sociologismo d’accatto, dal linguaggio aziendalista che riduce il merito alla meritocrazia e il tutto condito da una spolverata di vacuo moralismo. Il risultato e' che tra abiure e incongrui sensi di colpa, l'esercizio di rinnegare il passato e le idee in cui abbiamo creduto, ha finito per consegnarci ai colpi di vento delle promesse mancate, delle soluzioni provvisorie, della retorica, del bla bla quotidiano e mutevole sulla scuola come dovrebbe essere e non e'. Abbiamo abdicato allo sforzo di un’analisi critica del modello sociale, dimenticando che un progetto di scuola presuppone un progetto di societa’. In questo, probabilmente, abbiamo vissuto la piu’ generale crisi del ruolo e della funzione dell’intellettuale, la sua fuga dalla responsabilita’ etica e civile di essere la coscienza critica delle logiche di dominio e l’architetto di nuovi scenari. No, caro Geppino, io non ho piu’ speranze. Vedo avanzare un esercito di nuovi pedanti, nuovi catechisti addestrati nelle facolta’ di scienza dell’educazione. Gia’ mi par di sentirli mentre pronunciano il verbo nuovo fatto di concetti astrusi, di vane idee, di richiami ai “valori” (che poi sono sempre quelli: un sentimentalismo cattolico educato negli oratori e nelle associazioni di volontariato: contrabbandano l’interesse per la persona, per la sua crescita, si dicono democratici e votano a sinistra ma l’alterita’ culturale degli stili giovanili e’ una manifestazione di “disagio” che va curata). A questi nuovi preti in salsa techno, io preferisco, caro Geppino, il vecchio prete di Barbiana, e il suo linguaggio franco e brutale: “Ogni parola che non capite oggi e’ un calcio in culo che prendete domani”.

P.S. - Leggo solo adesso, mentre sto inserendo il commento, la risposta di Isa e mi rendo conto di aver detto cose molto meno interessanti delle sue e molto piu' confuse. Complimenti a lei, complimenti a tutti voi, per quello che state facendo, per la passione che ci mettete, per l'intelligenza critica che vi anima.