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in traccia di luna - risalendo alle scaturigini del femminino sacro 
Leggi Scrivi all'autore redazione dismisura PRESENTAZIONE
Leggi Romolo Runcini PREFAZIONE a “in traccia di luna”
Leggi Nicola Casato INTERVISTA ALLO SCRITTORE
Leggi Igor Traboni FANTA-CARDAMONE
Leggi Scrivi all'autore Renzo Scasseddu CONTRIBUTO ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO
Leggi Scrivi all'autore Ugo Fracassa LE MITOLOGIE LUNARI DI A.C.
Leggi Guido Samani ALLA LUCE DELLA LUNA BIANCA
Leggi Gianluigi Giovanola GIOVANOLA PER "IN TRACCIA DI LUNA"
Leggi Marcello Carlino IN TRACCIA DI LUNA di Alfonso Cardamone
 

  registrazione n.94 del 28.2.1972 presso il tribunale di frosinone
direttore responsabile alfonso cardamone
 



 
in traccia di luna - risalendo alle scaturigini del femminino sacro 
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redazione dismisura
[ dismisura@graffinrete.it ]
 
PRESENTAZIONE
inseguimenti/accostamenti/approfondimenti
 
Al centro del lavoro di Alfonso Cardamone, in traccia di luna (mitologie lunari tra oralità e scrittura), editore Pellegrini, Cosenza 2006, è l’idea di risalire, attraverso le “tracce” documentate dai miti lunari di civiltà e letterature diverse, alla memoria, a volte consapevole, altre implicita o rimossa, di un universo femminile, testimonianza di una cultura e di una struttura dell’organizzazione sociale, dalle caratteristiche “alternative” rispetto alla violenza patriarcale che quasi dovunque ha trionfato nella storia dell’umanità.
I miti che vengono presi in considerazione, discussi e “narrati” nello svolgimento del saggio, oltre a quelli dei popoli “non letterati” (che costituiscono quasi una preziosa cartina di tornasole), sono quelli tratti dalle più antiche testimonianze scritte delle società “letterate” dall’antica Grecia a Roma, dall’Egitto alla Mesopotamia.
Un libro, cioè, che ambisce a portare alla luce gli archetipi di un sepolto comune sentire, attraverso un flusso narrativo che attraversa il tempo e lo spazio e riattualizza aspetti spesso poco noti, se non addirittura disconosciuti, di un universo mitico scandagliato attraverso la metodologia comparativa.
Dismisura, dedicando questo fascicolo monografico a in traccia di luna, apre prospettive molteplici di inseguimenti, accostamenti, approfondimenti, attraverso i contributi di studiosi e giornalisti.



il libro può essere richiesto direttamente a
www.pellegrinieditore.it
 


 
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Romolo Runcini
 
PREFAZIONE a “in traccia di luna”
 
Di fronte a me l'altro, le cose, gli uomini, il reale. È l'oggetto che guida il soggetto al riconoscimento dell'alterità da cui scaturisce la presenza della persona. Il motto dell'oracolo di Delfi -"Gnothi seautòn"-era un invito al viaggio interiore attraverso la testimonianza del mondo. È dunque il mondo a concedere all'uomo il diritto a costituire il nesso, la misura di tutte le cose. Dopo la ricerca dell'Essere come quintessenza degli elementi naturali dell' Universo, come Tutto e Nulla, ecco il faro di luce da cui è scaturita la parola; e proprio con la parola il mito delle origini cosmiche conferisce all'uomo la vastità e potenza del suo destino, che entrando individualmente in rapporto con il reale dovrà cogliere la giusta armonia tra la verità di conoscenza e quella di fede. La mimesi, il confronto testimoniale con l'altro da sé, riproduce nel linguaggio la facoltà quasi divina del dividere e unificare sacro e profano, puro e impuro, lasciando all'uomo la libertà e possibilità d'intendere i tracciati ontologici e esistenziali come forme vitali della Natura. La profondità e la velocità della parola -da Talete a Eraclito, da Platone a Aristotele- assicurano al discorso filosofico la forza di coesione della cultura che si manifesta nella ricognizione ideale del mondo fenomenico. Solo attraverso la razionalità della mimesi il mito greco può esprimere il valore dell'Essere e del Divenire, il ciclo metamorfico dell'Infinito che entra nel quotidiano.
Alla veloce comunicatività della parola greca fa da controcanto la lentezza contemplativa della visionarietà mesopotamica. Le grandi Epopee sumere e ittite del periodo babilonese -vasti e articolati poemi sulle imprese degli antichi eroi-comprendevano le folgoranti storie dell'origine del mondo, della nascita dell’uomo, delle città, lo sviluppo e la divisione dell’ Umanità, il Diluvio Universale, il coraggio e la determinazione dell’eroe che affronta e risolve situazioni complesse e disastrose. Dalla potente “Epopea di Erra”, alla “Discesa di Isthar” le vicende dei popoli vengono narrate sul profilo di stati, di attrazione e di stacco, dove amore e morte caratterizzano la legge umana e divina dell’unione e dell’abbandono.
Fortemente connotati in senso comportamentale gli esseri umani messi a confronto con i fenomeni e le forze della Natura li convertono mitologicamente in personaggi positivi o negativi, in corrispondenza alle condizioni dell’ambiente geologico e alle necessità e opportunità dei propri gruppi sociali di appartenenza. Nascono così nel mondo antico le storie del Sole e della Luna.
Ora, nella strenua ricerca del nesso profondo e misterioso tra Poesia, Religione e Scienza, Alfonso Cardamone, fine esploratore e artista della parola, ci invita qui a partecipare alla prima scoperta del pianeta notturno come simbolo di regolarità e bellezza del moto, e come segno irreversibile della differenza tra luce ed ombra, caldo e freddo. L’alternanza del giorno e della notte rivela come è noto il quadro rassicurante del pieno, naturale ordine del mondo. Del resto ne L’ultimo dei reami (1995), dello stesso autore, si potevano già cogliere indicazioni di percorso critico sui miti mesopotamici, sulla grandiosa figura di Gilgamesh, sul suo rapporto con Enkidu. Storia e Poesia si misuravano nelle coordinate di un’antica sapienza e di un nuovo spazio estetico.
In questo studio sul mito lunare si attivano, nel confronto tra la cultura mesopotamica e quella greco-romana, prospettive nuove di lettura degli attributi e dei segni sacrali e sociali dell’astro notturno. In tal modo la luna ci viene presentata nel ruolo materno o in quello passionale come punto di riferimento o di fusione dell’attività sessuale degli individui: ecco la luna selvaggia, bestiale delle orgie notturne e la luna grande madre universale; ecco la luna come labirinto e come giardino delle delizie. Cardamone ci offre qui, su questo affresco mitologico, le coordinate storiche e culturali dei segni e dei simboli attraverso cui la luna è stata vista e rappresentata nel tempo dai vari popoli del Mediterraneo. La diversità di interpretazione dei miti lunari conduce l’autore del saggio a prospettare i periodi e gli ambienti della cultura artistica e letteraria di quei popoli: Asia, Grecia, Roma sono queste le tappe dell’incursione storica dello studioso nell’alveo culturale del mondo antico.
La produzione di senso nel mondo arcaico è legata, come sappiamo, al rassicurante stadio di costituzione di un’esperienza accumulata nel tempo dai vari popoli e presto ritualizzata sacralmente e socialmente per fissarne le strutture e le funzioni di confronto mimetico con la realtà. Questo pensiero verticale (trascendentalismo) ha generalmente giocato nel mondo antico il ruolo di via maestra per un’avventura umana affiancata dalla potenza e dalla sensibilità degli dei.
 


 
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Nicola Casato
 
INTERVISTA ALLO SCRITTORE
“In traccia di luna” l’ultimo saggio letterario di Alfonso Cardamone
(testo completo)
 
Alfonso Cardamone è uno dei più prolifici scrittori di poesia e di saggistica della nostra provincia.
Con la sua grande sensibilità artistica continua a dare un contributo dialettico e di ricerca poetica ad un territorio, come quello ciociaro, molto spesso indolente e superficiale che non riesce a produrre “letteratura” se non attraverso la cronaca dei giornali locali.
Oggi Spazio Comune intende scoprire il suo ultimo lavoro, il saggio edito da “Pellegrini” Cosenza 2006, “In traccia di luna”. Al centro di questo lavoro è l’idea di risalire, attraverso le “tracce” documentate dai miti lunari di civiltà e letterature diverse, alla memoria, a volte consapevole, altre implicita o rimossa, di un universo femminile, testimonianza di una cultura e di una struttura dell’organizzazione sociale, dalle caratteristiche “alternative” rispetto alla violenza patriarcale che quasi dovunque ha trionfato nella storia dell’umanità.

1) Conosco Alfonso Cardamone da anni come eccellente Poeta, oggi questa sua ultima pubblicazione me lo propone nelle vesti di sapiente Saggista:
Alfonso, tu come ti consideri, prevalentemente Poeta o Saggista?


- Nicola, ti ringrazio della cortese domanda, che mi permette di chiarire che, nella mia attività di scrittore, l’espressione poetica e la ricerca saggistica sono sempre andate di pari passo. Come se l’ispirazione e la materia del linguaggio poetico avessero bisogno di confrontarsi e di corroborarsi continuamente con l’esperienza di studio, elaborazione e scrittura saggistica. Una specie di cortocircuito, e anche di osmosi, tra la materia della poesia e quella del saggio, talché spesso la mia poesia trova toni gnomici o anche inflesssioni sapienziali, e a sua volta la scrittura saggistica inclina ad accensioni liriche e propende verso andamenti ritmici poetici.

2) Questo tuo “In traccia di luna” viene dopo “L’ultimo dei reami” del 1995 e “Sui confini - rilettura di Edipo” del 2001. C’è una relazione, una interconnessione tra le tre opere?

- Sicuramente, e anche molto forte. A punto tale che si potrebbe parlare di una trilogia. Infatti, se al centro del primo lavoro si colloca l’analisi di un gruppo di fiabe di Afanasjev in cui il protagonista, contrariamente al solito, è una figura femminile, sulla quale si coagulano funzioni e caratteristiche che parlano di complessi culturali e sociali precedenti l’affermarsi delle società patriarcali, quali la discendenza regale matrilineare e l’essere, la protagonista, un’eroina dalle “molte ricchezze” legata alla fecondità della terra e al ciclo di morte e rinascita; al centro del secondo, la rilettura del mito di Edipo induce a delineare una figura di paradossale antieroe dei confini,oscillante tra mondo patrilineare e mondo matrilineare, non risolto ponte tra due concezioni del potere antitetiche ed opposte. A provvisoria conclusione di questo discorso, “In traccia di luna”, sollevando il velo dei miti lunari, scopre l’essenza perduta di un mondo non dominatore e gerarchico, in cui la preminenza dell’elemento femminile era garanzia di solidarietà, clemenza, e reciproca collaborazione.

3) Alfonso Cardamone, io so, è stato e tuttora è uno degli artefici di una delle più belle e durature iniziative editoriali nate nel nostro territorio: la Rivista di produzione e critica culturale, prevalentemente letteraria, “Dismisura”...

- Certamente. Di Dismisura sono stato fondatore e dal primo numero del 1972, ininterrottamente, fino agli ultimi fascicoli ormai affidati alle pagine telematiche del Web, sono e permango direttore. Preciso che la Rivista, a partire dal fascicolo”fantasmatico” del 2000, vive una sua seconda giovinezza su Internet e, precisamente, sul portale di Graffinrete.it, dove prosegue la tradizione di grande palestra letteraria aperta ai più qualificati contributi di scrittori non solo del nostro territorio, ma anche di rilievo nazionale e internazionale.

4) Per concludere, Alfonso, quali sono i tuoi progetti futuri come poeta e come saggista?

- Per quanto riguarda la saggistica, ho in progetto -e già vi sto lavorando- una nuova opera che, sempre inserendosi nel solco tracciato dalle precedenti tre, prosegua il discorso del rintracciamento. attraverso l’analisi dell’epos e del mito, dei segni di un passato antecedente le conquiste dei popoli patriarcali, questa volta perseguito a partire dall’esame, sempre un po’ ereticale, della tragedia “Le supplici” di Eschilo e del mito delle Amazzoni. Per quanto riguarda la poesia, mentre sono in attesa dell’uscita del volume antologico della “Storia delle letteratura Italiana” del Secondo Novecento, pubblicata dall’Editore Miano, che dà conto della mia più recente produzione poetica, sto attendendo al completamento dell’ultima silloge, che si chiamerà “ciò che resta”.

Nicola Casato di "Spazio Comune" - giugno 2006
 


 
in traccia di luna - risalendo alle scaturigini del femminino sacro 
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Igor Traboni
 
FANTA-CARDAMONE
Il nuovo sorprendente libro
 
Alfonso Cardamone è personaggio a tutto tondo: calabrese di nascita e naturalizzato ciociaro, a lungo insegnante di Materie letterarie ed Educazione linguistica a Frosinone, un passato di serio impegno politico-amministrativo (è stato anche assessore provinciale alla Cultura), fine poeta (non solo autore di raccolte deliziose, ma anche anima culturale del premio Polis Poiesis) e saggista.
A proposito di quest’ultima ‘attività’, è da pochi giorni in libreria “In traccia di luna – Mitologie lunari tra oralità e scrittura”, l’ultima fatica di Cardamone, in bella veste grafica-editoriale, per i tipi di Luigi Pellegrini Editore di Cosenza.
Il libro verrà presentato venerdì prossimo 23 giugno alle ore 18,00, presso la Biblioteca Comunale di Frosinone, in Corso della Repubblica, alla presenza dell’Autore, del docente universitario di Roma 3 Ugo Fracassa (italianista specializzato in letteratura per l’infanzia) e Renzo Scasseddu (grecista e insegnante di Greco e Latino al Liceo Classico di Frosinone).
L’iniziativa si avvale del patrocinio dell’assessorato comunale alla Cultura e dell’Arci provinciale. Anche il quotidiano “La Provincia” ha voluto collaborare alla manifestazione, all’insegna di un solco culturale, già tracciato con la presentazione del libro di Andrea Pamparana su San Benedetto, il mese scorso alla Villa comunale.
Ma torniamo a quest’ultimo libro di Cardamone che tra l’altro si avvale della dotta prefazione di Romolo Runcini, curatore della collana e altro intellettuale di stampo superiore (e come definire altrimenti una persona che decide di inabissarsi tra libri e studi su un’isola, nel caso di Runcini su quella solo apparentemente minore di Procida?).
"In traccia di luna” chiude (ma non conclude, come diremo meglio tra poco) la trilogia che Cardamone ha dedicato in questi anni al ‘fantastico’, avviata con “L’ultimo dei reami” nel 1995 e proseguita, sei anni dopo, con “Sui confini”.
Ma come nasce in Cardamone questa passione per il fantastico? “Da decenni mi interesso con passione di questa sorta di triangolo fiaba-mito-epos, perché c’è indubbiamente un legame comune con il fantastico alla base di tutto. Nel mio primo libro il punto focale è costituito dalle fiabe, allargandosi poi a miti ed epica. Nel secondo, il nucleo è rappresentato dall’epos (l’epica teatrale, i tragici greci) e da lì si va verso il mito e la fiaba, in un continuo intrecciarsi. E così in quest’ultimo libro, in cui parto dal mito, ma sono continui i collegamenti con fiaba e epos. L’origine di questa passione? Presi a studiare le antiche fiabe russe e mi accorsi che in realtà nessuno … si era accorto prima che, all’interno di questo complesso, troviamo disseminati alcuni elementi che compongono un corpo particolare. Mi spiego meglio: là dove nelle fiabe il protagonista è sempre il giovane, il maschio, qui invece abbiamo la femmina, ben più importante del personaggio maschile. Ecco dunque che il passato non è solo patriarcale. La mia ricerca, soprattutto in questo libro, tende ad individuare le tracce che documentano i miti di un’antichità sommersa, identità diversa da quella che poi si è affermata”.
E in effetti, spiega ancora Cardamone nel resto della chiacchierata, alcune scoperte archeologiche, con tanto di divinità femminili, avvalorano questa tesi. Scoperte e ricerche che hanno permesso di stabilire come “anche i rapporti sociali e civili tra uomini e donne -aggiunge Cardamone- erano di collaborazione, e non di conflitto. Un sogno, una sorta di paradiso terrestre, una speranza per il domani”, aggiunge il Nostro. Che, va pur aggiunto, al domani guarda anche dalla sua prospettiva di un impegno politico-civile che non è certo venuto meno, ma che ha preso i binari di un pacifismo ‘reale’, di un ecologismo politico, che interpreta ed esalta il rapporto Natura-Cultura. E qui riaccarezziamo alcuni versi da ‘Le selve di Crono’, silloge cardamoniana di alcuni anni fa: “al fine della sua parabola il proiettile / cade giù a terra e non è più / proiettile”.
Ma rientriamo ancora una volta nell’alveo del libro: “Cerco di far emergere in maniera sempre più evidente il rapporto tra oralità e scrittura: i miti li metto a confronto con le mitologie dei popoli che non mi piace definire ‘primitivi’, quanto piuttosto ‘non letterati’. Ne scaturiscono risultati di un interesse sconvolgente, uno studio comparato che esalta radici comuni a tutte le latitudini”.
La trilogia, come dicevamo all’inizio, arriva in realtà solo ad un primo traguardo, una sorta di ‘intertempo’, per mutuare un termine dallo sport.
Il prossimo libro -anticipa Cardamone- vorrei dedicarlo ad Amazzoni e supplici, sempre su questo lavoro di scavo sul femminile pre-indo-europeo”.
Ma in tutto questo intenso lavoro di studio, ricerca, lettura, e poi ancora studio, ricerca …, la poesia di Cardamone, che tanto amiamo, che fine fa, che fine ha fatto?, ci chiediamo e chiediamo mentre andiamo a ripescare altri versi del Nostro: “e forse è vero che negli interstizi / si cela la poesia e non fugge né / è fuggita da quella che diciamo sia / la vita”.
C’è un rapporto dominante -risponde ancora Cardamone, con un’illuminazione improvvisa degli occhi vispi da intellettuale- tra la mia poesia e questi temi del fantastico. Mantengo un atteggiamento mito-poietico, comunque religioso, anche se non in senso tradizionale”. Alfonso è infatti un ateo dichiarato, per sua stessa ammissione, ma con quella sana curiosità anche verso ‘il religioso’ che lui definisce ‘antropologica’. Ma che noi coniamo piuttosto come l’ennesima qualità di un uomo di Cultura.

da "La Provincia Magazine" del 17 giugno 2006
 


 
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Renzo Scasseddu
[ r.scasseddu@fastwebnet.it ]
 
CONTRIBUTO ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO
 
A fronte di una concreta robustezza ed organicità dell’impianto generale, che si serve in modo concreto e accorto degli strumenti della Filologia, dell’Antropologi, della Mitologia, della Archeologia…, Alfonso Cardamone sa usare con sapiente maestria la tecnica della affabulazione, a lui molto congeniale, giusto in armonia con le caratteristiche di ogni mu/qoj, anch’esso a lui molto congeniale. Il nostro Autore sa ben coniugare al tempo stesso il verbo di Erodoto, con la sua «gioia jonica del raccontare», derivatagli da Omero, (G. Perrotta) e il verbo di Tucidide, intriso di quella razionalistica e sofistica scientificità difficile da contestarsi, perché basata su elementi concreti, di prove, di documenti, di tekmh/ria, di confronti e analisi che nulla lasciano al caso né, tanto meno, alla improvvisazione: vedi a tal proposito la ricchissima, preziosa bibliografia, decorata di medaglie al valore scientifico di nomi che hanno lasciato il segno in questi campi (ad es. Frazer, Lévi-Strauss, Pettazzoni, Seppilli, Graves, Kerényi…), ciascuno dei quali potrebbe, e Alfonso Cardamone con loro, orazianamente ben dire:
exegi monumentum aere perennius

ma vedi anche la straordinaria ricchezza delle etimologie, per cui non mancano sensibilità ed intuizioni ma son tutte sorrette da competenza filologica sottile e da severa analisi comparativa.

Mi piace notare - e di ciò ringrazio Alfonso Cardamone, per aver soddisfatto, e nemmeno tanto en passant, un problema che mi sta molto a cuore - che tale complementarità (Hdt./Thuc., ma ce ne son altre…) è evidente, quasi come corollario, alla fine del libro, nel cap. Da Galileo a Plutarco – il volto della Luna, dove l’accostamento Scienza/Letteratura ritrova quel giusto senso di unità, troppo spesso in giustamente, direi innaturalmente spezzata…
A non dire poi dello Spazio e del Tempo documentato, che consentono al Nostro Autore, anche qui attraverso una rigorosa e sapiente analisi comparativa, di illuminarci tutte le aree del nostro pianeta Terra, dalla Grecia alla Roma classica, alla Mesopotamia fino all’estremo Oriente, arrivando in Australia, e poi, novello Cristoforo Colombo, ecco il nostro navigatore, il cibernauta, proiettarsi in America, nell’altro emisfero: ed è un viaggio entusiasmante, affascinante – tutto alla lettera. Viaggio nello Spazio e nel Tempo: dal 5° Millennio a. C. ad Oggi…
Bene, tali numeri, come dire no/moi, «leggi», «regole», sono la ‘cifra’ di questo libro, tanto ‘pe(n)sante’ quanto agile e ‘manuale’, alla lettera. Doppiamente, ‘manuale’, perché si tiene nella mano, come un vero e proprio e)gxeiri/dion, che vuol dire qualcosa che si può tenere in una mano, quindi anche «piccolo pugnale».
E proprio come un pugnale, di lama acuta e fulgente, questo libro scalfisce, guidato con destrezza da maestro d’armi, mette comunque ‘in guardia’, sfida le millenarie pagine di Letteratura, Antropologia, Historia, Cultura che hanno relegato, ingiustamente, aggiungo anche qui innaturalmente, in noticine marginali, il ruolo della Donna. La quale invece ha scritto pagine intense e significative, paradigmatiche e vitali nella Storia, sì, dell’… Uomo.
Ecco, questo libro, espressione di un impegno profondo e lungo da molti anni, insieme ad altri analoghi saggi, vuole offrire un contributo intelligente ed intellegibile ad una ricerca seria e severa che restituisca alla Donna gli spazi nobilmente conquistati e concretamente esercitati, da quando è comparsa, comunque, sul Pianeta Terra.
 


 
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Ugo Fracassa
[ ugofrcs@virgilio.it ]
 
LE MITOLOGIE LUNARI DI A.C.
 
Tanti sono i fili da riannodare per presentare dignitosamente al pubblico dei futuri lettori questo In traccia di luna Mitologie lunari tra oralità e scrittur. Occorrerà cioè richiamare i due volumi saggistici che, nell’arco temporale di un decennio, fanno accanto a questo bella trilogia: Sui confini. Rilettura di Edipo (2001) e, prima, L’ultimo dei reami. Le divinità dell’ira (1995), antologia epico-mitico-fiabesca ad uso delle scuole; i versi, almeno quelli del parallelo trittico poetico composto da Le selve di Crono (1995), Arianna (1996) e Il centro del labirinto (2000 – nonché un mannello di rime pubblicato in rivista nel 2005 all’insegna dell’ “ombra lunga del mito”); infine, l’incessante direzione di Dismisura che all’inizio degli anni Novanta intitolava al “Mondo solare / mondo notturno” un fascicolo monografico. Il discorso peraltro non sarà completo in assenza di qualche comparazione tra questo libro e la letteratura prodotta tra la seconda metà dell’Ottocento e oggi su temi analoghi.
Ripartendo proprio dalla premessa posta dall’autore in apertura dell’antologia scolastica di cui sopra, ecco il “tema della connessione tra rito-mito-fiaba-leggenda-epos” che oggi diventa metodo ermeneutico. La connessione, postulata allora per utilità didattica (“il superamento della consueta scissione tra libro di narrativa e antologia di brani”) e subito ricondotta alla “più avanzata ricerca letteraria” e antropologica diventa ora pratica critica comparativa. Cardamone è passato dalla dimostrazione ad usum pueri della plausibilità dell’assunto, all’esercizio in prima persona, a vantaggio di lettori adulti, della commistione di materiali narrativi di tradizione orale prima che scritta e di provenienza non solo europea. Insomma l’autore, nel ripercorrere le tracce di una mitologia lunare/femminile attraverso leggende africane, cosmogonie minorasiatiche, riti e miti primordiali e poi classici (non esclusa la prosa scientifica del Seicento), guarda all’eredità antropologica sedimentatasi in infiniti racconti come a un “macrotesto organico”, giusta la definizione di Marcello Carlino. Va subito precisato, tuttavia, che l’intertestualità esercitata non riposa su un orizzonte testuale levigato e superficiale, inteso come praticabile tappeto di incursioni a-critiche, bensì su uno stratificato deposito di materiali di diversa natura e consistenza. Il mito, ad esempio, lungi dal disporsi docilmente alla citazione e al riuso a mò di racconto, intreccio, plot anodino e decontestualizzato, viene spesso ricondotto all’origine di hiéros logos legato ad un cerimoniale e ad un atto di culto (non diversamente Emilio Villa – come il nostro poeta del contemporaneo e studioso dell’antichità preclassica – annotava i versi dell’ Odissea per la sua inaudita traduzione, riconducendo la figura di Odìsseo, abusivamente psicologizzata per secoli, ad una dimensione non rappresentativa ma antropologicamente fondata).
Da subito l’antologia del ’95 centrata sulle “divinità dell’ira” incrocia il mito del matriarcato e cita figurazioni riconducibili al mito della Grande Madre (Rea, Demetra, Persefone, Ecate, Proserpina), ma è la rilettura di Edipo pubblicata nel 2001 col titolo Sui confini a orientare decisamente la barra di navigazione in direzione del Mutterrecht di ascendenza bachofeniana. L’interpretazione di Cardamone, infatti, vede in Edipo il “catecumeno della luce oscura delle divinità materne”, l’oppositore del veggente Tiresia, detentore di un sapere solare-apollineo, in nome di una più antica sapienza matrilineare.
Per quanto attiene alla poesia, Edipo, Arianna, Shintalimeni e gli altri fantasmi degli antichi racconti (mythoi) popolano da sempre, in scorante promiscuità con le tangibili presenze del vivere quotidiano, i versi di Cardamone e pertanto l’incrocio tra questi e la saggistica affabulativa del nuovo lavoro starà altrove, ad un livello meno statisticamente rilevante delle semplici ricorrenze onomastiche. A pagina 33 di Le selve di Crono leggiamo pochi versi da un frammento di evidente sostanza metapoetica: un vero programma di scrittura e di ricerca :
noi a cui i sogni più non schiudono la soglia
del mistero noi li inseguiamo desti fin dentro
le lor tane (…)

Inseguire cioè mettersi sulle tracce – del sogno, del mito – in stato di veglia (desti), consapevolmente orfani del mistero ma capaci di stanare il senso – delle immagini, del racconto – e con quello fare segno, significare nuovamente. Con gli occhi aperti, perciò, ma non come chi sogni bensì intento a rintracciare le orme del mito, Cardamone ha in questi anni, e da sempre, messo i propri piedi in quelle vestigia, inseguendo a ritroso il filo di un discorso intricato ed estraneo alla logica corrente. Passo dopo passo, all’indietro, ma guardando avanti – sì, proprio come in una fiaba ovvero nel kubrikiano finale di Shining – fino a confondere le proprie orme con quelle di innumerevoli e anonimi narratori, fino a far perdere le proprie tracce nel centro del labirinto. Cardamone appare insomma “felicemente convinto che il mito sia una narrazione che può essere capita solo narrando”, come egli stesso scrive a proposito di Roberto Calasso. Per il mito, infatti, non vige la medesima epistemologia delle scienze fisiche, ovvero conoscere non è misurare, verificare ma fare esperienza; replicare non è clonare poiché narrare di nuovo produce nuova narrazione, variazione dall’identico (tracce di una logica altra sono disseminate nell’ultimo In traccia di luna dove la Luna è femmina ma pure maschio, governa le maree ma pure il fuoco, si identifica con la bianca vacca ma pure col toro). In altre parole, il principio di non contraddizione perde forza nella trafila millenaria che risale agli archetipi, in quella “strettura tumultuosa ove un sentimento infinito trova stanza” (così Emilio Villa nel 1939, nella nota alla traduzione dall’accadico di Enuma elis su Letteratura).
Per questa ragione è anche possibile che i molti personaggi richiamati a nuova vita nei versi o nella prosa del saggio – maschi o femmine, bestie, uomini, divinità, eroine od eroi epici, fiabeschi, leggendari mitici di tradizione orale o scritta alludano infine ad una sola matrice. Un mito rivissuto come personale che muove la scrittura in un corpo a corpo coi fantasmi del reale – la durata, il caos, la follia del quotidiano (la vita mi passa attraverso come / un fantasma ed io smarrisco / nel mio studio le carte penso / scrivere uno due versi magari / la sera e continuare poi / faticosamente a glissare” Le selve di Crono) – e riconduce irrevocabilmente allo ou topos, al non luogo dell’utopia. Quale genere di utopia? Una risposta è forse negli esiti dei saggi su Edipo e sulle mitologie lunari: decisivo mi pare che entrambi i personaggi totemici di Cardamone – Gilgamesh da una parte, e Edipo dall’altra – vengano interpretati in chiave lunare (femminile cioè). Il secondo, come già ricordato, si svela nel finale di Sui confini portatore di sapere matrilineare, il primo, nelle pagine che chiudono In traccia di luna, prende il posto di Enkidu come incarnazione del dio lunare. Forte insomma è la tentazione di rileggere alla luce dell’ultimo titolo tutta l’opera di Alfonso come vera e propria istanza d’Anima, dove la maiuscola riporta alle tesi junghiane della proiettiva polarità femminile insita nel mascolino.
Pur brevemente sarà il caso ormai di richiamare i fondamentali dell’ipotesi matriarcale sottesa – come postulato e non come tesi da verificare – al saggio. In principio (1861) era Das Mutterrecht di Johann Jakob Bachofen, trattato che piacque a Marx/ Engels perché evocativo di “un altro mondo possibile” rispetto alla sedicente universalità borghese; considerato da Walter Benjamin profetico; strumentalmente ripreso dal primo femminismo; che da subito valse all’autore l’ostracismo della comunità accademica basiliense ma destituito di valore scientifico da più recenti confutazioni e , brutalmente , da Uwe Wesel (1980). Tale riferimento, già presente in Sui confini, è soggetto sottinteso della bibliografia che innerva In traccia di luna a dimostrazione della sua acquisizione a priori come spunto argomentativo sottratto al contraddittorio accademico. D’altra parte l’autore non avrebbe potuto essere più esplicito al riguardo quando in una nota conclusiva (caduta nell’ultima redazione) demandava ad altra fonte (Rian Eisler, Il calice e la spada ’87) l’onere di delucidare gli aspetti storico-documentari del tema. Se qualche funzione dimostrativa, infatti, In traccia di luna è chiamato a svolgere, essa è relativa al personale mitologema che informa la poesia di Cardamone, intorno alla quale i lavori saggistici , ivi compreso quest’ultimo, ruotano come un corollario. Non certo all’ipotesi ginecocratica bachofeniana col relativo stadio dell’amazzonismo e le vaghe datazioni dal neolitico preindoeuropeo all’ascesa di Ottaviano Augusto, per intenderci.
Piuttosto, all’orizzonte culturale evocato dal saggio meglio si adattano più generiche definizioni sociologiche, per esempio la coppia oppositiva “modello dominatore vs modello mutuale” di civiltà (Riane Eisler) ovvero il binomio antitetico “società dei conquistatori del mondo vs società della costruzione del sé (Alain Touraine) , definizioni non necessariamente vincolate a datazioni e localizzazioni protostoriche ma utili ora e qui per coniugare al futuro anteriore un assetto sociale e civile alternativo al vigente frutto di una modernità ormai incompatibile con gli equilibri planetari a livello geopolitico ed ambientale.
Intanto andrà segnalata questa sintonia nella elaborazione intellettuale al di qua e al di là delle Alpi che porta nel 2006 alla pubblicazione di due titoli (non ancora tradotto il francese Le monde des femmes) centrati entrambi, da diversi punti di vista, su di un’ipotesi/utopia di genere femminile. Alain Touraine, sociologo militante tradizionalmente impegnato sui temi del lavoro – ciò che nel Novecento ha significato conflitto di classe – dal 2000 si interessa di costruzione del soggetto come possibilità di intima resistenza alla de-socializzazione incipiente. Alla domanda: “Chi occupa il posto dei lavoratori manuali nella società industriale o dei mercanti che distrussero il sistema feudale?” si risponde: “sono le donne”, le attrici sociali più importanti” poiché non agiscono come “movimento sociale” ma culturale. Solo da loro è possibile aspettarsi “una ricomposizione del mondo”, il “superamento di antichi dualismi” , il rimarginarsi della “frattura corpo-mente”. “Superare il dualismo”, “ricomporre la frattura” sono operazioni che tendono all’intero, ad una dimensione olistica estranea (precedente, posteriore?) al principio di non contraddizione. Si tratta, anche qui, di un mito personale ad alto tasso di utopia ma intanto è significativo che uno analogo venga contemporaneamente coltivato In traccia di luna.
Per concludere voglio riferirmi al capitolo quattordicesimo intitolato “Da Galileo a Plutarco. Il volto della luna”, dove con grande consapevolezza viene individuata e nominata la scissione “tra le due culture (umanistica e scientifica)” alla quale tendenziosamente si reagisce inoculando nel “macrotesto organico” formato da epos mito leggenda e fiaba un campione di prosa scientifica galileiana di cui si mette in valore la palese “coloritura letteraria”. La condanna del particolarismo scientifico, della parcellizzazione di conoscenze specialistiche, portata avanti nei modi tutt’affatto originali di un saggismo affabulatorio, rimanda ad altre scissioni di taglio prettamente maschile che fondano l’egemonia scientifica economica politica e infine antropologica del principio maschile: la chirurgia del parto cesareo, il sistema di divisione del lavoro, la strategia del divide et impera, la mitica mutilazione inferta da Crono al padre Urano (il cielo) per separarlo da Gea (la terra), episodio alluso nei versi che aprono Le selve di Crono:
forse perché il taglio è obliquo dei tuoi occhi
e la bocca è larga nel sorriso torno
senza stupore ad osservare sulle tue
ginocchia le forbici del dio e di tanto
in tanto con il dito assaggio
della lama il rilucente filo

versi meritamente famosi tra i lettori di Cardamone e magistralmente interpretati da Marcello Carlino. Il sapore di quel taglio, di quel filo di lama è quanto ci resta di un inconcepibile passato ed i versi citati insegnano che è possibile farne esperienza solo grazie alla mediazione femminile, sulla soglia di un grembo muliebre.
Di questo si tratta nei pochi versi citati come nelle quasi centocinquanta di “mitologie lunari” che ho provato a presentare – me ne rendo conto – circuendo più che penetrando, e forse non a caso.
Vale la pena di aggiungere che l’archetipo di una femminilità lunare intesa come alterità irriducibile ed utopica, ripercorso ed esperito da Alfonso Cardamone in una bibliografia oggi più ricca per la pubblicazione di In traccia di luna è mitologema ineluttabilmente maschile?
 


 
in traccia di luna - risalendo alle scaturigini del femminino sacro 
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Guido Samani
 
ALLA LUCE DELLA LUNA BIANCA
 
Ancora una volta
Le stelle intorno alla chiara luna
Il volto luccicante celano,
quando tutta d’argento inonda
la terra
(Saffo)


Non è strano che Alfonso Cardamone ci introduca al viaggio nel suo libro con un frammento di Saffo, il più grande, forse, poeta del mondo antico.
Il mito appare ancora una volta di più, per Alfonso, l’essenziale chiave di comprensione e di lettura del mondo che paradossalmente, ma neanche tanto, ci aiuta a capire meglio e di più il moderno che nasce e rinasce accompagnato dalla fiaba e dall’epos che ancora vivissimi ed efficaci ci accompagnano.
la luna.
Non è un libro su di lei ma su di noi che da sempre ne subiamo il fascino e l’influenza.
Il finissimo e raffinato lavoro di ricerca ci avvicina alle origini del mondo (del linguaggio) e alla speranza della sua rinascita.
Mentre il sole, quando se ne va, fa perdere alle cose il loro colore, apparentemente dissanguandole certificando così la nostra morte, l’ingresso nella morte, la luna, così complessa, una, trina, forse quintupla, sessuale, bisessuale, ermafrodita, ci accoglie come una madre e come un’amante, dolce, fredda, intensa, vitale, ambigua, mai definitiva.
Ci fa soffrire, anche perché non fino in fondo comprensibile.
Questo libro è incredibilmente simile alle sensibilità affettive e culturali di Alfonso che si dimostra e si conferma certamente un grande filologo cacciatore di conoscenze ma soprattutto, quando lavora, solo quando lavora, uomo trepidamente solo e coraggioso che si muove per vincere l’ansia che nasce dal sentire se stesso come un punto magico e misterioso nell’universo grande e terribile.
E ci aiuta, e ci prende per mano con lo scopo, non dichiarato, di aiutarlo a condividere la storia di tante vite alla luna indissolibilmente legate, una folla di dei e di semidei, di animali, di popoli, di uomini.
Selene Artemide certamente, ma forse, mpiù prepotentemente, Iside l’egizia, il compendio di tutto, colei unica, che riesce a giocare con Dio e a sfidarlo e a vincere, temporaneamente, il misterioso Dio supremo.
Forse è quella che più di tutte, prima ancora dei Greci, si avvicina al linguaggio, alla vittoria della parola, alla necessità, per questo strano essere chiamato uomo, di urlare, chiedere, piangere e pregare in modo comprensibile.
Nulla, ci dice Alfonso, esiste senza la parola, una sua chiamata è una chiamata all’esistenza, il passaggio dall’apparire all’essere, il viaggio dal mondo dei fantasmi al mondo dei vivi che fantasmi torneranno.
Ma se le stelle vivono intorno alla chiara luna, un motivo c’è, ci dev’essere.
Non è improbabile che un giorno, sotto la volta del cielo, quando una vera e completa pace sarà, per tutti noi finalmente placati, diventeremo tutti noi cercatori di stelle.

Alla luce della bianca luna.
 


 
in traccia di luna - risalendo alle scaturigini del femminino sacro 
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Gianluigi Giovanola
 
GIOVANOLA PER "IN TRACCIA DI LUNA"
 
 


 
in traccia di luna - risalendo alle scaturigini del femminino sacro 
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Marcello Carlino
 
IN TRACCIA DI LUNA di Alfonso Cardamone
 
Chiaramente sanno intenderlo quanti hanno percorso e conoscono il corpus dei suoi scritti e possono desumerne e trattenerne il senso germinale. Per Alfonso Cardamone la poesia si fonda sul mito; del mito la poesia è articolazione e speciale supplemento; consentimento e predilezione la poesia volge, tra i miti, a quelli che conchiudono o intrattengono la luna.
Ecco, un valore è di base a In traccia di luna, e ne costituisce una ragione e una finalità ragguardevole, benché l’autore si fermi prima di definire l’equivalenza e di svilupparne i rapporti: le mitologie lunari sono ut unum con il mostrarsi, e il dirsi, e l’articolarsi in modalità espressive della poesia: sondarle è perciò distillarne l’essenza e portarla a reagire, in quanto idea di cultura e lettura del mondo, nella dialettica del presente, così come è disporsi a riferire di alcune proprietà e di alcuni talenti della poesia e determinare la possibilità di rivendicarne un compito non ancora esaurito, e anzi tutt’affatto nodale, oggi.
Un dato è certo e va considerato alla stregua di un preliminare, intanto. Se solo si mette in opera l’arte del rimuginare, carissima a Benjamin, non appare senza motivo che il sole incontri uno scarsissimo gradimento presso i poeti delle più svariate stagioni e delle più disparate latitudini. Fonte di vita e padre-padrone, dominus invocato e temuto come chiunque, imperversando e facendosi di troppo, ovvero negandosi e lasciandosi desiderare, decide irrevocabilmente del nostro destino (siffattamente dovettero figurarselo gli uomini prima di ogni storia; e ne perdurano le tracce nell’immaginario della civiltà contadina; e, tuttora, se ne dà traduzione nella simbologia dell’eclissi), il sole è cogente, intemperante, terrifica univocità di stato e di funzione, entità sovraordinata che stringe gli esseri nella morsa della soggezione e della dipendenza (il suo è un potere assoluto, un dispotismo patriarcale che non esclude la possibilità di pronuncia di sentenze capitali) e che identifica, nel mentre, il cardine istituzionale del principio di realtà. E dunque, proprio perché il segno autocrate e univoco del dominio - di un dominio totale e incontrollato - e l’emblema e il sigillo di un razionale e realistico adeguarsi alle necessità economiche dell’esistenza si accompagnano al sole, le mitologie solari raramente hanno allignato nelle prose e nei versi della letteratura di tradizione; e non si rammentano altri significativi programmi di scrittura “eliocentrici” in aggiunta a quelli futuristi, i quali per avanguardismo modernolatrico, giustappunto, ricusavano il “poetico” e, non per caso, di conseguenza, “uccidevano il chiaro di luna”.
Come si desume dalle mitologie che ad essa pertengono, ripercorse con puntualissima attenzione da Alfonso Cardamone, e pure con grande capacità tanto di affabulazione quanto di innesti e di chiamate dialogiche per correlazioni semantiche, la luna è invece diramata, lussureggiante pluralità.
Pluralità come disposizione migrante a passare tra medesimezza e diversità di contesto in contesto: astanze e simboli di luna viaggiano ininterrottamente nel tempo e nello spazio, quasi che i continenti risultino ancora fusi in una pangea, e fanno tappa, per non citarne che alcune, in Mesopotamia e in Australia, in Africa e nelle terre dei pellerossa: la loro diffusione li elegge ad archetipi, a propulsori di dinamiche interattive, ad attori di scambi muticulturali a far centro su di alcuni patterns di senso accertati e condivisi, universalmente antropologico-umani.
Pluralità come accentuata apertura ad una molteplicità di immagini e di sintesi ideali: la luna conosce una gamma vastissima di giochi di ruolo, e di rapporti parentali, e di connotazioni cromatiche, e di espansioni attributive, e di proiezioni in figure di bestiario, e di corrispondenze metaforico-analogiche con altri insiemi di significati-concetti.
Pluralità come convergenza dei dissimili e come conciliazione degli opposti: una, bina, molteplice la luna è femminile e pure accade che si lasci rappresentare con tratti e profili maschili, mentre è androgina, ermafrodita: è anche infertilità e maternità, estraneità e influsso sulle cose degli uomini, luce di vita e presagio di morte, pallida congiunzione astrale di eros e di thanatos.
Pluralità come accompagnamento amicale e come spostamento dal criterio della verticalità a quello dell’orizzontalità delle relazioni e dei percorsi di rappresentazione e di conoscenza: la luna asseconda una mitologia “colloquiale” e come “paritaria” in cui simboli e segnali non sono regolati da gerarchie rigorosamente prescritte e codificate, ma si lasciano andare alle esperienze rizomatiche e trascinanti del racconto, alla logique e al plaisir delrécit.
Pluralità come licitazione di un’altra dimensione dell’esperienza, che suppone e conferma la profondità, la pervietà (agli apporti del soggetto e delle sua realtà), la declinabilità, la resistenza tenace ad ogni reductio ad unum della realtà e dei suoi livelli: la luna interroga e si lascia interrogare (la sua è una identità “dubitativa”), è indizio e cartello direzionale verso spazi ulteriori, o terre nascoste, o frontiere inesplorate della psiche, o campi poco battuti dell’io, o libertà ancora inconcusse dell’immaginazione (come nelle figurazioni lunari di Galileo ricordate da Cardamone: figurazioni tra fantasie di letteratura e fantasie di scienza, le une alle altre necessarie e le une alle altre di sostegno nell’atto del sapere, nel prodursi della conoscenza).
Pluralità come ammissione del relativo, del mutamento proteiforme, della cangianza, della revocabilità di una presenza tassativa e deterrente e determinante: la luna c’è e manca, cambia forma e colore e dimensioni, intrattiene mutati rapporti di posizione e di pertinenza con il contesto.
Pluralità come femminilità in essenza, in quanto dismissione di un modello di taglio e di fattura maschili, il modello del dominio e del potere su cui si è costituita la logocentrica civiltà occidentale: la luna è impulso supplementare non garantito dalla metafisica di un’origine, è diramazione polisensa, è varietà di mitologie liberate dalla univoca prescrittività del mito come riconosciuto, solido, insondabile, mistico fondamento.
In traccia di luna di Alfonso Cardamone è libro di esplorazione e di riepilogo, che segue le orme e i segni delle mitologie lunari da continente a continente e da racconto a racconto. È libro che, attraverso la luna, in forza di luna, rivendica l’idea di un’altra dimensione antropologica-umana e di un’altra cultura e di un’altra politica; e per ciò stesso rileva, senza doverlo dichiarare, l’importanza tuttora irrinunciabile della poesia. Che è femminile e relativa, supplementare e polisensa, amicale e interattiva, plurale e molteplice come la luna. Che è voce della luna, si direbbe infine per chiosa.

recensione pubblicata sulla rivista quadrimestrale Letteratura & Società, anno IX, n. 2, maggio-agosto 2007, pp. 116-117, Pellegrini, Cosenza.