strategie e accerchiamenti della paura 
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Giuseppe Panella
 
IL LIMITE DEL FURORE - 3
Parte Terza
 
2) JAMES ELLROY. ARCHEOLOGIA DEL DELIRIO
a) Il sangue degli innocenti

Aver analizzato per tante pagine l'universo di discorso in cui si sviluppa il mondo narrativo di Thomas Harris, permetterà di essere più veloci, meno didattici riguardo i personaggi ed il modello di scrittura che caratterizzano l'opera di James Ellroy. Quello che Harris si limitava a comprendere dall'esterno, Ellroy lo ha vissuto all'interno di un'esperienza autobiografica tra le più lancinanti e spaventose che si possano aver provato sulla propria pelle. Non è un caso che The Black Dahlia (a tutt'oggi, il suo best-seller più riuscito) sia dedicato alla memoria di sua madre. La peculiarità dell'opera dello scrittore californiano è tutta legata all'opera di accorto montaggio delle vicende della sua vita: quanto in essa vi sia di sincero omaggio alle sconcertanti circostanze della sua nascita come romanziere e quanto di essa sia, invece, il frutto di una ben orchestrata strategia narrativa bisognerà dedurlo da un breve esame della sua esistenza passata. Nato a Los Angeles nel 1948, il primo avvenimento peculiare che lo sconvolge è il divorzio dei suoi genitori: suo padre (un piccolo procacciatore d'affari che naviga prudentemente nelle acque basse della malavita locale) e sua madre (un'infermiera di origine tedesca con una irrefrenabile tendenza alla promiscuità) si separano poco dopo la nascita del figlio. Affidato alla madre, il suo ricordo migliore di quegli anni sono i week-end durante i quali suo padre gli legge ad alta voce brani dei romanzi di Jim Thompson o di Mickey Spillane di cui è appassionato cultore (il legame tra l'opera letteraria di Ellroy ed i maestri dell'hard-boiled school, da Hammett a Chandler o a Burnett è dichiarato fino a sfiorare, in alcune circostanze, il plagio deliberato). Poi, la tragedia: un sabato del 1958, il corpo strangolato di Geneva Hilliker viene ritrovato senza vita dietro un cespuglio; il suo assassino (rimasto poi per sempre sconosciuto) era stato, probabilmente, uno dei suoi occasionali accompagnatori incontrato in qualche single bar. Questo episodio spaventoso segnerà tutta la vita letteraria di Ellroy; la dedica di Dalia Nera del 1987 sarà, infatti, il memento e l'epigrafe per la vita stroncata (e sciupata) di sua madre:
"A Geneva Hilliker Ellroy (1915-1958). Madre: ventinove anni dopo, queste pagine d'addio in lettere di sangue"(43). Dopo l'assassinio della mamma, il futuro scrittore va a vivere col padre che lo lascia, a diciotto anni, con una assai poco cospicua eredità: un orologio, un esiguo libretto di banca, il servizio militare come scelta di vita. Ma l'impegno nell'Esercito dura poco: congedato 'con disonore' pochi mesi dopo, ritornato a Los Angeles, lo scrittore inizia un'odissea per le strade della città californiana che ritornerà, con puntualità ossessiva (come gli incubi notturni nei versi dei poeti romantici inglesi), nelle pagine di tutte le sue opere narrative. La sua vita diventa quella che egli stesso definirà, con suggestione rimbaldiana, "una stagione all'inferno": ladro abituale, bevitore fino al limite estremo dell'alcoolismo, consumatore di anfetamine fino all'età di ventinove anni, la sua esistenza sembrerebbe l'equivalente di quella di un poeta maudit di fine Ottocento senza, tuttavia, il conforto di un'educazione letteraria (una Bildung) in grado di darle una ragione o un qualsivoglia significato oggettivo. Finito in carcere, Ellroy rimarrà poi per quarantacinque giorni nell'ospedale psichiatrico della prigione della Contea di Los Angeles (questa esperienza sarà il fulcro intorno al quale ruoterà il meccanismo narrativo di Perché la notte del 1984 (44)). Dal 1966 al 1977, egli vivrà un'esperienza che lo accomuna (e che gli permette di descrivere con competenza e con ferocia chirurgica) l'esistenza dei piccoli delinquenti, dei crackers che popolano le pagine di tutti i suoi romanzi: la deriva notturna, le cattiverie gratuite, la follia quotidiana ed assurda della Metropoli, l'esplodere incontrollato della furia, il vuoto fine a se stesso della mente. Durante la "notte senza fine" (45) di quegli anni, si trova a contatto con un serie di vicende ossessive ed allucinate che costituiranno il sostrato variamente esperito del suo universo narrativo: per alcuni mesi, ad es., sarà saltuariamente impiegato in un sex-shop (le risultanze di questo breve impegno lavorativo si trovano, descritte con perizia e cinismo imbevuti di umorismo sottilmente macabro, sia nel già citato Perché la notte sia ne Il Grande Nulla del 1988). Nel 1977 , allora, Ellroy si trova ad un bivio: costretto a decidere se continuare nella condotta di vita finora scelta (con lo sgradevole risultato di una fine precoce per alcoolismo), sceglie enfaticamente di accettare "la Vita" (ovverossia di imboccare la strada che conduce alla letteratura) e di diventare "il più grande scrittore di romanzi polizieschi" della sua epoca. In realtà, come è facile arguire, il pathos sotteso a questa decisione è anch'esso intriso di letterarietà: fra la vita e la morte, la letteratura rappresenta, da sempre, una 'terza via' che assume i caratteri magniloquenti della vocazione. Quanto sia stata spontanea la chiamata per Ellroy non è dato sapere: fatto sta, tuttavia, che il limite della sua produzione è proprio nel suo autobiografismo esibito come un' 'opera d'arte esistenziale' la cui sincerità risulta, alla fine, inficiata dal suo stesso intellettualismo (allo stesso modo, la lettera del carcere più lunga mai scritta e mai spedita -il c.d. De profundis di Oscar Wilde del 1897-trova, nel limite mai raggiunto della 'sincerità letteraria', i momenti più liricamente toccanti di una auto-confessione che non sarebbe risultata certamente così suggestiva se non fosse stata 'corretta' dalla passione per il mot juste e per la consapevolezza stilistica). Per questo stesso motivo, se, per le opere narrative di Thomas Harris, è stato necessario ricorrere ad un'analisi dettagliata delle motivazioni profonde dei suoi personaggi e ad una ricostruzione accurata della loro presentazione sul piano stilistico, non è necessario compiere un'operazione analoga per i romanzi di Ellroy. Il movente profondo delle sue orchestrazioni romanzesche è sempre lo stesso (il dominio sulle proprie emozioni e sulle proprie ossessioni conquistato duramente mediante un passaggio attraverso la sofferenza e, spesso, raggiunto solo con la morte), il suo linguaggio, sovente modellato liricamente, spesso violento e realistico fino alla crudezza, trae origine dalla necessità di mostrare con decisione i risultati concreti delle ossessioni che giacciono nell'inconscio mai esaustivamente scandagliato dei suoi personaggi, i protagonisti delle sue ricostruzioni letterarie (rigorose dal punto di vista storico - è il caso della tetralogia costituita da Dalia Nera, Il Grande Nulla, Los Angeles-Strettamente Confidenziale del 1990 e White Jazz, ancora non tradotto in italiano (46)) si riducono tutti ad un unico archetipo. Per lo scrittore californiano, tutti (poliziotti che indagano, vittime che subiscono, assassini che infieriscono) hanno in comune la stessa psicologia, lo stesso modus operandi, la stessa delirante strategia per la vita: trovare uno scopo alla propria esistenza, cercare fino alla fine il luogo dello spirito dove è racchiuso the big nowhere che darà un senso alla propria realtà.
b) La notte e l'anima
Facendo frutto della 'vera' eredità lasciatagli dal padre (la passione per i romanzi polizieschi basati sulla psicologia dei personaggi e non sul corretto dispiegarsi del meccanismo di precisione dell'indagine poliziesca), Ellroy esordisce positivamente con Brown's Requiem, un thriller pubblicato nel 1981. Da allora, la sua attività non avrà soste: nel 1982, esce Clandestine premiato con una segnalazione della giuria del prestigioso Edgar Allan Poe Award, nel 1984 scrive la prima sezione della trilogia idealmente dedicata alla vicenda del poliziotto Lloyd Hopkins (Blood on the Moon, banalmente tradotto in Italia con il meno suggestivo titolo de Le strade dell'innocenza(47)), la prosegue, sempre nel 1984, con Perché la notte, e la conclude, nel 1986, con Suicide Hills. Dopo un romanzo di 'transizione', Silent Terror del 1987, inizia la tetralogia sulla storia della polizia di Los Angeles che si è precedentemente ricordata. I romanzi che la compongono, pur essendo collegati dall'esile filo del police procedural, possono essere considerati indipendenti l'uno dall'altro e, pur raccontando vicende strettamente legate alla cronaca della città, costituiscono un affresco impressionante degli incubi ricorrenti nell'immaginario sociale americano dopo la morte (e decantazione) dell' American Dream. I suoi legami con la storia sono figure inquietanti di delinquenti da strapazzo (come Mickey Cohen, il gangster di origine ebraica che voleva emulare il leggendario Dutch Schultz, protagonista famigerato dell'epoca del Cotton Club e del Proibizionismo nella New York degli anni '30 (48)), gangster entrati per la porta principale nella storia del loro paese (Bugsy Siegel, non a caso elegiaco protagonista dell'ultimo film diretto da Barry Levinson), miliardari passati alla leggenda (il mitico Howard Hughes, inventore, eccentrico proprietario della RKO ed accanito 'cacciatore di streghe' nell'era maccarthista della crociata contro i presunti comunisti infiltrati ad Hollywood) e teppisti da quattro soldi (come Johnny Stompanato, il cui unico merito in vita è stato quello di morire per mano dell'attrice Lana Turner, di cui fu, per breve tempo, l'amante). Ma il rapporto più preciso che Ellroy riesce a stabilire tra vicende del passato non tanto remoto e la sua storia personale è costituito dall'episodio che è al centro di Dalia Nera: la violenza barbaramente ed efferatamente commessa sul corpo di Elizabeth Short, il cui cadavere tagliato in due, torturato e poi ricomposto dall'assassino, venne ritrovato il 15 gennaio del 1947 a Los Angeles, all'incrocio tra la South Norton Avenue e la Trentanovesima Strada. La somiglianza tra la sorte della Short (aspirante attrice dai facili costumi) e quella della madre ispirano allo scrittore americano una storia dal ritmo incredibile e verosimile al tempo stesso: il suo tentativo di soluzione della vicenda criminosa (il cui responsabile non è stato, in realtà, mai rivelato dalle indagini della polizia) è un vero e proprio tour de force narrativo che si conclude con la scoperta di un assassino e l'auto-distruzione di quasi tutti i protagonisti (fittizi o reali) della vicenda. In essa, tutti, vittime e carnefici, escono fisicamente e moralmente distrutti: nella notte della loro anima, essi ritrovano i fantasmi del loro passato e gli incubi del loro presente trasformati in realtà dall'abisso del delirio con cui sono costretti, volenti o nolenti, a fare i conti. Ellroy forza i limiti del genere fino a costruire delle opere che vanno al di là del meccanismo narrativo di intrattenimento per sondare i punti oscuri ed i 'buchi neri' dell'animo umano. La forza e la potenza del suo linguaggio artistico (di difficile resa in italiano (49)) rendono visibili incubi ed allucinazioni, labili le differenze tra sogno e realtà, inutili le barriere tra verità e menzogna. Nelle sue pagine, il pessimismo cupo dello sfondo rende necessario lo sforzo conoscitivo impiegato per ritrovare la nitidezza del primo piano, per distinguere le figure nella nebbia, per separare l'oscurità dalla luce del sole "perché la notte - scrive Ellroy, parafrasando il Nietzsche di Al di là del bene e del male -esisteva per essere saccheggiata, e solo una persona al di sopra delle sue leggi poteva sperare di raccogliere il bottino e sopravvivere" (50). Gli incubi presenti nella sua narrativa sono quelli di un'intera generazione: il suo passato è quello, nascosto deliberatamente (o inconsapevolmente) dal facile ottimismo esibito dai media, della 'faccia oscura' dell' America intera; il suo futuro (letterario) promette, per ora, di continuare a mostrarne instancabilmente l'allucinante verità.

NOTE
(41) I romanzi di Ed McBain cui si allude come possibile fonte per Il silenzio degli innocentisono Calypso per l'87° Distretto (Il Giallo Mondadori 1653, 1980) e La gatta con gli stivali (Il Giallo Mondad