strategie e accerchiamenti della paura 
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Giuseppe Panella
 
IL LIMITE DEL FURORE - 2
Parte Seconda
 
1) THOMAS HARRlS. MITOGRAFIA DEL RACCONTO POLIZIESCO

a) Psicopatologia di un terrorista

Thomas Harris esordisce, nel 1975, con Black Sunday, un thriller fantapolitico di andamento ancora tradizionale.
I suoi pregi, tuttavia, derivano dal modo in cui lo sviluppo psicologico della vicenda viene osservato più che dalla struttura stessa del plot. Il romanzo racconta l'organizzazione di un attentato da parte di una frangia estrema del terrorismo arabo e del modo in cui essa si proponga di 'ferire a morte' l'opinione pubblica americana, facendo esplodere nello stadio di New Orleans un dirigibile pieno di cariche al plastico rivestite da uno strato di freccette per fucili calibro 177. Ad agire materialmente (grazie al suo passato di pilota della Marina americana), i palestinesi hanno convinto Michael Lander, un ex-veterano del Vietnam, che ha subito una lunga detenzione nelle prigioni nord-vietnamite ed è ritornato in America completamente sconvolto e desideroso di vendicarsi dei torti subiti (almeno in apparenza) per colpa dell'Amministrazione governativa. Sottoposto in carcere ad un duro processo di 'rieducazione', Lander era stato costretto ad una pubblica autocritica, prima di essere rilasciato; inoltre, una volta tornato a casa, aveva divorziato dalla moglie e dato segni palesi di squilibrio psichico (principale ossessione dell'ufficiale americano era la sua supposta impotenza). Caduto nella rete tesagli dai palestinesi dopo il suo coinvolgimento affettivo con una terrorista del gruppo, Dahlia Iyad (che non solo gli aveva permesso di superare il blocco psichico alla base delle sue penose difficoltà sessuali, ma che lo aveva anche spinto alla vendetta nei confronti degli artefici dei torti di cui egli credeva di essere la vittima), il paranoico Lander tenta disperatamente di portare a segno la sua missione di morte.
L'attentato, alla fine, come si conviene alle leggi del genere letterario, viene stroncato all'ultimo secondo dall'azione congiunta di agenti americani ed israeliani. L'interesse del libro, tuttavia, non risiede nel modo in cui si struttura l'azione vera e propria, ma nella narrazione ad incastro della vita (a partire fin dalla sua infanzia) dell'ex-ufficiale americano e nella dimostrazione del suo progressivo deterioramento psichico. Lander, in sostanza, non sarebbe stato soltanto la vittima di un plagio psicologico ad opera del nemico, ma avrebbe avuto i requisiti adatti per compiere un'azione di quel tipo già prima di essere avvicinato dai terroristi che si interessavano a lui. La tesi di fondo che Harris vuole dimostrare attraverso il racconto della vita dell'ex-pilota (i suoi difficili rapporti con la famiglia, in particolare il padre, il suo forte complesso di inferiorità nei confronti degli altri bambini durante infanzia prima e nei confronti dei suoi colleghi durante il periodo trascorso in Marina poi, il suo crollo psichico durante la prigionia, i suoi conflittuali rapporti con la moglie, le sue difficoltà spaventose di reinserimento nella società dopo il ritorno dal Vietnam, il suo progressivo scivolare in una crisi di lucida e selvaggia furia vendicativa) è che la vera ragione per cui agisce è una volontà di rivalsa nei confronti del mondo nata da un forte risentimento psicologico. Black Sunday, in realtà, non è ancora uno psycho-thriller (si tratta, come si può dedurre dalla trama, di un romanzo 'fantapolitico' più che di un mystery nel senso stretto del termine) né Lander agisce esclusivamente sulla base dei propri impulsi soggettivi, per quanto sia 'motivato' solo in chiave psicopatologica (anch'egli risulta, alla fine, una vittima del suo stesso atto terroristico), ma in esso si possono già ritrovare alcuni dei motivi che caratterizzeranno così marcatamente la successiva produzione di Harris. Il comportamento patologico del terrorista 'mancato' Michael Lander viene analizzata, per così dire, a parte, rispetto al 'normale' svolgimento del racconto, quasi non avesse nulla a che fare con esso se non di sfuggita. Ed, infatti, se la vicenda scorre quasi automaticamente verso la sua già probabile conclusione e la salvezza degli spettatori dello stadio Tulane di New Orleans non viene messa mai effettivamente in discussione dai lettori, ciò che provoca inquietudine ed interesse è il viluppo interiore della personalità malata del pilota americano. Perché è proprio grazie alla sua natura psicopatologica che gli agenti del Mossad israeliano riusciranno a far fallire l'attentato. Black Sunday, quindi, oltre ad essere la cronaca di un episodio della guerra segreta combattuta tra Israele e la diaspora palestinese, è la storia del disfacimento di una mente: la sua ricostruzione (che richiede quasi un terzo del romanzo) lascia già intuire l'interesse di Harris per l'introspezione psicologica. Più che all'universo delle spy-stories, l'opera prima dell'ex-reporter americano appartiene di diritto alla tradizione della detective story degli anni '40 e '50, dove più che l'azione in se stessa contavano i meccanismi psicologici che la facevano scattare (si pensi, per citare soltanto due esempi tra i più significativi, ai racconti di Raymond Chandler o ai romanzi di Cornell Woolrich). E, a differenza di quanto avviene nei bestsellers firmati con successo da Frederick Forsyth o da Ken Follett, più dell'analisi della situazione internazionale o del puro reportage romanzato, qui si tratta della storia "naturale" di una psiche malata e del suo modo di pensare, logico e contorto nello stesso tempo. Quello che conta è la ricerca dei suoi moventi ed è proprio questo a costituire il tessuto connettivo dei diversi episodi della vicenda, in quanto essa non nasce tanto dal rispetto per le leggi 'classiche' della detection quanto dallo spessore umano dei detectives e dei loro avversari. Citando lo stesso Harris:
"Quando il dolore e l'ira raggiungono livelli di gran lunga superiori alla capacità che ha la mente di sopportarli, un curioso sollievo è possibile, ma richiede una morte parziale. Lander ebbe un sorriso spaventoso, un rictus insanguinato, allorché sentì morire la sua volontà [...]. Quello che restava poteva vivere con la furia perché era fatto di furia e la furia costituiva il suo elemento, ed esso vi prosperava come un mammifero prospera nell'aria. Si alzò, si lavò la faccia e, quando uscì di casa, quando tornò in Florida, era calmo. Aveva la mente fredda come il sangue di un serpente. Non c'erano più dialoghi nella sua testa. Vi rimaneva soltanto una voce. L'uomo funzionava perfettamente perché il bambino aveva bisogno di lui, aveva bisogno di un cervello pronto e di dita abili. Allo scopo di provare sollievo. Uccidendo e uccidendo e uccidendo. E morendo" (24).
Pagine simili si ritrovano di continuo nelle opere di Woolrich o di David Goodis; la descrizione del 'paesaggio mentale' costituito dal folle comportamento di Lander anticipa la lotta all'ultimo sangue tra Will Graham e Dolarhyde narrata nel successivo Red Dragon ed è sicuramente il risultato più innovativo contenuto in Black Sunday.

b) Perché un assassino?
Il punto di partenza di Red Dragon, il romanzo che Harris scriverà ben sei anni dopo Black Sunday, è costituito da un'evidente 'passione' letteraria per William Blake e per uno strano e magnifico acquarello del 1805, The Great Red Dragon and the Woman Clothed with the Sun, opera del poeta e pittore londinese. L' originale del quadro si trova effettivamente, come Harris annota con acribia filologica, presso il Brooklyn Museum, anche se non risulta che sia mai stato "mangiato" da un paranoico assassino a nome Francis Dolarhyde. I tratti decisi ed incisivi delle due figure (la Donna e il Dragone) che lo compongono ed i colori limpidi e precisi che le definiscono sono pressocché irriproducibili a stampa ed il dipinto, probabilmente per questa ragione, si trova con una certa difficoltà anche nei saggi su Blake e nei cataloghi delle sue opere pittoriche (l'unica copia che mi è riuscito di vedere proviene dal volume di Morton D. Paley su William Blake in cui vengono esaminati in dettaglio le circostanze della sua composizione ed i motivi ispiratori della sua realizzazione concreta(25)). Le testimonianze dirette di chi ha avuto l'opportunità di osservarlo di persona sono, tuttavia, concordi: The Great Red Dragon è un tentativo, perfettamente riuscito, di rappresentare, attraverso la sola forza del colore usato, la maestosità del Male e della sua potenza che si impadronisce della Bellezza. Si tratta del motivo conduttore del romanzo (ed, in parte, anche del film da esso ispirato -Manhunter. Frammenti di un omicidio-,che Michael Mann ha sceneggiato e diretto nel 1986; in esso, purtroppo, il fuggevole fotogramma in cui l'acquarello di Blake viene mostrato non rende ragione della drammatica lotta che si intuisce nella composizione). Il Male (simboleggiato dal Dragone Rosso) e la Bellezza (il cui emblema è la Donna Vestita di Sole) si stringono in un abbraccio che si intuisce successivamente mortale per entrambi. In questa inestricabile stretta di Amore e Morte si apre uno spazio per la raffigurazione della forma estrema della potenza del Male Assoluto: il Sublime incarnato dal Drago dell' Apocalisse di Giovanni. È ciò che Dolarhyde intende diventare mediante l'esercizio rituale dell'omicidio; è ciò che la sindrome schizofrenica che lo affligge gli impone di essere fino alla giustapposizione ultima di se stesso con il Dragone. Harris descrive il quadro con penetrazione psicologica e buona preparazione critica:
"Meno di una settimana dopo gli capitò di vedere il quadro di Blake. Ne fu immediatamente avvinto. Era una grossa fotografia a colori pubblicata su Time in un articolo in cui si parlava della retrospettiva di Blake tenuta al Tate Museum di Londra. Il Brooklyn Museum, per l'occasione, aveva inviato a Londra Il Drago Rosso e la Donna Vestita di Sole. Il critico del Time diceva: "Nell'arte occidentale poche immagini demoniache emanano come questa una carica così intensa e allucinante di energia sessuale...". Dolarhyde non ebbe bisogno di leggere il testo per rendersene conto. Per giorni e giorni portò con sé la riproduzione, la fotografò e la ingrandì in camera oscura" (26).
Quello che affascinava Dolarhyde era la dualità presente nell'acquarello ed il modo di rappresentarla tramite l'uso peculiare del colore. La sua delirante identificazione con il Dragone veniva resa possibile dal fascino che il rosso vivo e fulgido della Grande Bestia esercitava su di lui. È a questo punto che l'identità psicologica di Dolarhyde (già largamente compromessa da un'infanzia trascorsa sotto il dominio incontrollato di una nonna dispotica e malata di mente e dalla forzata convivenza con la 'famiglia adottiva' che sua madre era riuscita a rifarsi, dopo la sfortunata avventura amorosa di cui egli era stato il frutto, sposando qualche anno più tardi un vedovo, danaroso "faccendiere" politico) si appanna definitivamente. Si trasforma nell' Attesa della sua Trasfigurazione definitiva, dell' "Avvento di Dolarhyde" quale sintesi invincibile ed indistruttibile di Bellezza e di Morte. La simbiosi Dolarhyde - Dragone - Blake (quale creatore del Dragone) è evidenziata con forza: Harris la rimarca più volte.
"Dolarhyde sopportava gli urli di dolore come uno scultore sopporta la polvere che si stacca dalla pietra che scalpella" (27).
L'assassino si maschera da artista: paradosso possibile soltanto ad una mente folle (ed ai lettori di Thomas De Quincey, l'autore di The Murder as one of the Fine Arts(28)). Il paradosso di cui è vittima Dolarhyde risulterà comprensibile, tuttavia, soltanto a chi sarà capace di calarsi negli abissi opachi della sua mente con tanta forza da esser costretto a ritrarsene sconvolto e fuggirne, riluttante dal ritornarvi. La grande forza espressiva dell'opera di Blake funge da detonatore per la mente dimidiata dello psicopatico e la fa deflagrare come una mina sotto le mura di un castello fortificato, aprendo in essa una breccia che non si chiuderà più. Chiedersi se l'interpretazione 'personale' e salvifica che egli dà dell'opera del grande poeta inglese sia esatta non è né possibile né utile - fatto sta che il romanzo di Harris comincia ad assumere una certa consistenza drammatica soltanto a partire dalla comparsa della figura dell'omicida e dal racconto della sua infanzia infelice ed allucinata. In realtà, è Dolarhyde l' 'autentico' protagonista di Red Dragon. A differenza del film di Michael Mann (dove è il manhunter Graham a rappresentare il polo aggregativo della fiction ed il momento 'positivo' del racconto, mentre Dolarhyde assume la figura di semplice 'spalla' del primo attore), Harris traduce la follia omicida del Dragone in una spietata volontà di fare della propria vita un'opera d'arte. In questo modo, ogni possibile (e plausibile) compassione per il suo passato, ogni pietà per i maltrattamenti psicologici e spesso fisici che ha dovuto subire, la stessa descrizione medica della sua condizione patologica vengono rifiutati come semplice espressione di un'analisi sociologica di taglio 'positivo' (così come avveniva ancora in Black Sunday) e diventano gli elementi 'puri' di una qualsiasi biografia. La follia di Dolarhyde non desta commiserazione in nessuno (29) nel corso del romanzo, se non al momento della diagnosi psichiatrica effettuata da uno dei membri del team di cui Graham è parte, il dottor Allan Bloom. Proprio per questa ragione, essa non viene 'giustificata' come possibile movente dei delitti, la cui mostruosità non è, in alcun modo, mai messa in discussione. La premeditazione da parte dell'assassino non deriva dal suo stato mentale turbato; anzi, è paradossalmente vero l'opposto. L'assassino non uccide a caso, né in un momento di furia incontrollabile: il suo delirio di onnipotenza nasce da una scelta culturale, rappresenta il modo in cui egli può giungere ad una più soddisfacente immagine di sé, trasformare la sua miseria di oggi nel glorioso destino di domani. Esso non è né casuale, né momentaneo, né geneticamente obbligato dalle circostanze biologiche del suo concepimento. La pazzia è il suo destino e la sua unica via d'uscita - in caso contrario, egli dovrebbe rassegnarsi ad essere il 'mostro di natura' che è fin dalla nascita. Non solo egli porta inscritta la follia nel suo stesso cognome (Dolar/Hyde - dove l'allusione al celebre personaggio creato da Robert Louis Stevenson si giustappone all'accenno alla valuta americana e, d'altronde, Lo strano caso del dottor ]ekyll e del signor Hyde è sicuramente una delle fonti cui Harris attinge per la costruzione dei suoi personaggi). Il ruolo preminente attribuito alla figura del 'mostro' ed alla sua genesi è uno degli aspetti più evidenti della differenza tra Red Dragon (romanzo) e Manhunter (film), anche se lo scoprire quasi subito le carte e mostrare le 'vite parallele' dell'assassino e del suo 'cacciatore' in modo da affiancarli su un piano di parità come personaggi non è del tutto originale. Senza dover ricorrere alla tecnica narrativa che contraddistingue romanzi di pura detection come L'assassinio di Roger Aykroyd o Dieci piccoli indiani di Agatha Christie, basti pensare ad una fonte letterariamente più inattesa: la struttura di Delitto e castigo dove il nome dell'assassino non costituisce mai oggetto di curiosità per il lettore, dato che esso è noto fin dalla prima pagina del romanzo. È la lunga attesa del castigo di Raskolnikov a costituire il movente stilistico della scrittura dostoevskijana. Ciò che è importante, per Harris, non è il chi è l'assassino? del thriller tradizionale quanto la descrizione della caccia e dei suoi protagonisti. L'analisi dei 'caratteri' di Will Graham e di Hannibal Lecter ne saranno la riprova necessaria.
c) Uno sguardo sull'abisso
Il detective Will Graham è ossessionato, a sua volta, dal timore di diventare pazzo. Conosce troppo bene i suoi meccanismi di funzionamento per non sapere che essa può toccare in sorte a ciascuno di noi. Sa altrettanto bene che gli psicopatici non debbono necessariamente possedere poteri psicocinetici per agire (come pare sia d'obbligo per i protagonisti, anche se 'normali', di gran parte dei romanzi di Stephen King(30)), ma che sono, invece, intelligenti, tenaci, tutt'altro che indifesi. Gli altri due assassini sadici con cui ha avuto a che fare gli hanno insegnato che, per catturarli, bisogna imparare a pensare come loro. Si tratta di un topos classico nel romanzo poliziesco, come si può facilmente vedere sfogliando qualsiasi storia della letteratura angloamericana alle voci Edgar Allan Poe e Gilbert Keith Chesterton. Ma Graham, tuttavia, non si muove con la composta ragionevolezza del cavalier Auguste Dupin o del serafico Padre Brown. Si trova, invece, di fronte ad una prospettiva allucinante che qualsiasi persona normale cercherebbe di allontanare da sé. Se Dolarhyde pianifica a tavolino i suoi congegni omicidi (esaminando i film amatoriali che sviluppa e stampa per professione, scegliendo le vittime ed i luoghi sulla base di essi), Graham pianifica la sua caccia allo stesso modo. Ma se, per il folle assassino, tutto questo preannuncia l'Avvento del suo personale dominio sulla terra, la sua Apocalisse individuale e definitiva, Graham dovrebbe essere dalla parte della giustizia, del buon senso e del buon gusto.
"Graham si preoccupava molto delle questioni di gusto. Spesso i suoi pensieri non erano di buon gusto. Nella sua mente non c'erano barriere efficaci e solide. Quel che vedeva e imparava influenzava tutte le altre sue conoscenze. E certe combinazioni era difficile sopportarle. Comunque, non riusciva a prevederle, né a bloccarle e a reprimerle. l valori di decenza e senso morale che aveva imparato stavano sempre in agguato, sconvolti dalle associazioni, inorriditi dai sogni; gli dispiaceva di non avere fortilizi nel cervello per difendere ciò che amava. Le associazioni scattavano alla velocità della luce. l giudizi di valore invece andavano al passo di una lettura attenta. Non riuscivano mai a essere all'altezza della situazione, a dirigere il corso dei suoi pensieri" (31).
Graham è un 'visionario' esattamente come Dolarhyde. Lo è, tuttavia, nel senso 'classico' del termine (almeno per quanto riguarda la detection di tipo tradizionale): la realtà dell'azione criminale viene ricostruita non solo sulla base di ferree concatenazioni logiche (come avveniva per gli investigatori del periodo della nascita e del consolidamento del genere, da Sherlock Holmes giù giù fino ad Hercule Poirot), non soltanto sulla base della raccolta degli indizi e delle prove relative ai fatti, ma anche e soprattutto sulla scorta di intuizioni che hanno la natura di veri e propri flash visivi. Anche se viene definito un eideteker (e cioè una persona dotata di notevole memoria visiva) dal già citato dottor Bloom, uno degli psichiatri del gruppo investigativo dell' FBI a Quantico, il maggior pregio di Graham come detective, quello che lo fa preferire agli altri per la caccia agli assassini psicopatici, non è soltanto la sua buona capacità di selezionare e ritenere i ricordi. Graham è, ancora una volta paradossalmente, 'simile' agli uomini che deve catturare - è in grado di immedesimarsi in essi, di entrare nella loro pelle e nella loro mente, di pensare come loro. Le sue capacità investigative rappresentano la sua condanna ad affacciarsi sull'abisso della follia e, nello stesso tempo, la sua 'uscita di sicurezza': grazie ad esse, ha la conferma che, nonostante tutto, non diventerà mai come i soggetti che individua ed arresta. Graham riesce a 'vedere' il modo in cui il crimine è stato commesso ed a prevederne le modalità di funzionamento future. Non è un soggetto ESP; anzi, le sue conoscenze peculiari sono quelle 'scientifiche' del medico legale e dello studioso di criminologia (32).
Il suo impulso fondamentale, la sua 'spinta' nasce dalla paura. Questo lo rende un personaggio di grande suggestività nel panorama della letteratura di genere. Non si tratta, infatti, di paura in senso fisico, ma del terrore di precipitare nello stesso abisso in cui sta guardando. Come continua Bloom nella sua spiegazione:
"La paura nasce dall'immaginazione: è una condanna, è il prezzo dell'immaginazione" (33).
Il che è quanto anche Descartes o Spinoza avevano dichiarato nella loro ricostruzione delle passioni umane. Così come Dolarhyde è spinto dalla volontà di potenza e dal ressentiment nei confronti di un mondo che l' ha rifiutato per colpa del suo aspetto fisico repellente e della sua instabilità psicologica, allo stesso modo, Graham è costretto a guardare dentro di sé per individuare la dinamica psicologica degli assassini che vuole scoprire: il terrore nasce dalla somiglianza, non dalla differenza. Il suo 'dono' gli permette di realizzare alla lettera le istruzioni che Alphonse Bertillon dava alla sua squadra investigativa: "Si vede solo ciò che si osserva e si osserva solo ciò che già esiste nella mente". Una lezione che, per la maggior parte e da lungo tempo, gli storici dell'arte, gli psicologi, gli psicoanalisti freudiani ed i grandi scrittori conoscono, ma che la polizia 'scientifica' rilutta egualmente ad applicare ed a comprendere.
d) Il doppio
Come ogni investigatore che si rispetti, anche Will Graham ha un 'doppio' che lo perseguita. Otto Rank ha abilmente dimostrato come il tema del "doppio" sia legato alle figure mitiche dei "gemelli" fondatori di città e come esse confluiscano, successivamente, in epoca più tarda; nella coppia dicotomica dei "gemelli nemici" (quali sono, ad es., Romolo e Remo (34)). Il "doppio" criminale dell'investigatore è certamente un caso derivato di lettura (mitica) dal tema degli "eroi gemelli". Se Sherlock Holmes poteva pur sempre trovare nel professor Moriarty un genio criminale alla sua altezza, Graham deve confrontarsi con uno psichiatra pazzo e lucidissimo al tempo stesso. Hannibal Lecter (il secondo dei criminali da lui catturati seguendo il proprio intuito) è anche l'incubo vivente che lo perseguita (allo stesso modo, ossessionerà Crawford ne Il silenzio degli innocenti}. È curioso come Michael Mann, nella trasposizione cinematografica di Red Dragon abbia variato il cognome Lecter in Lecktor, con un guizzo di macabra ironia assai fine. Lecter uccide per il gusto di farlo, per noia, per indifferenza, per stupire il mondo con le sue azioni eclatanti e misteriose. È un dandy che ha capovolto completamente le regole del gioco: invece di salvare i suoi pazienti, li uccide quando le loro nevrosi non gli sembrano degne della sua attenzione. Letterariamente, è un personaggio di Huysmans o di Oscar Wilde calato in un romanzo poliziesco (da qui, il suo fascino perverso e l'attrazione malsana che Graham prova nei suoi confronti}. Superuomo nato in un'epoca inattuale, egli rappresenta, mediante la sua natura dissociata, la dimostrazione morale del fatto che, come una volta ha scritto Stephen King citando la Dickinson, "la pazzia è una pallottola flessibile"(35}. Psicopatologo di grande fama e di sterminate conoscenze mediche e culinarie, Lecter è pazzo e prova un vivo piacere ad infierire sulle sue vittime; la sua capacità di dare la morte è il segno, per la sua psiche turbata, della sua onnipotenza e della sua natura pressocché divina.
Ma il suo delirio è ben diverso da quello di Dolarhyde. Se "l'assassino della terza luna" aspira ad una congiunzione con l'Assoluto, Lecter è convinto di averla già realizzata. Nonostante il suo carattere 'mostruoso' di assassino e di medico nello stesso tempo, risulta il personaggio più ricco di fascino presente in Red Dragon (sicuramente più intenso rispetto allo stesso Will Graham). La sua figura è così originale da sconvolgere i lettori per la penetrazione delle sue osservazioni e per la puntualità del carattere del manhunter che lo ha catturato. Se Dolarhyde, come si è detto, doveva molto alle raffigurazioni del suo modello letterario (lo schizofrenico Jekyll/Hyde nelle sue molteplici metamorfosi da Psyco di Hitchcock a Dressed to Kill di Brian De Palma), Lecter è creazione letteraria originale.
Certo, si potrebbe trovargli un precursore in uno dei più grotteschi personaggi scaturiti dalla penna di Edgar Allan Poe: quel monsieur Maillard, restauratore del "sistema del dottor Catrame e del professor Piuma" che anima uno dei più allucinati e divertenti arabeschi dello scrittore americano (36). Ma preferisco pensare che l'archetipo di Lecter sia cinematografico e vada ricercato nella tragica figura del criminale dottor Mabuse di cui Fritz Lang filmò, dal 1922 al 1960, le molteplici incarnazioni(37). Psichiatra pazzo anch'esso, Mabuse mi sembra più adatto ad un confronto con la figura di Lecter, anche grazie all'approfondimento della sua psicologia che avverrà nel romanzo successivo di Harris, The Silence of the Lambs.
e) La tigre e l'agnello
L'amore per la poesia di William Blake dimostrato da Harris si coglie fin dal titolo del suo terzo best-seller. In esso, infatti, si intuisce, con una certa qual facilità, l'eco di una delle più celebri composizioni del poeta inglese, Tyger, Tyger, Burning Bright. Per Blake (convinto assertore di un dualismo Bene/Male presente nell'esistenza di qualsiasi creatura, ma superabile mediante l'accesso ad una superiore totalità che deriva dalla preminenza dell'Arte sulla Vita), la tigre è, infatti, frutto della stessa mano creatrice che ha formato l'agnello ("Did he who made the lamb make thee?") (38). Ma il silenzio degli agnelli è anche quello cui aspira la stessa protagonista del romanzo: cancellare dai propri sogni il grido lancinante e penoso delle bestie portate al macello. Ed agnelli sono anche gli esseri umani che soffrono per mano del sadico assassino che i giornali hanno battezzato Buffalo Bill per la sua tendenza a scuoiare le proprie vittime. Il rapporto 'simpatetico' che si instaura tra Clarice Starling, ancora studentessa presso la Scuola di Polizia dell' FBI a Quantico ed Hannibal Lecter si fonda, infatti, sulla speranza disperata (da parte di Clarice) che questo avvenga davvero(39).
Una volta uscito di scena Will Graham (dopo il micidiale confronto diretto con Dolarhyde che lo ha lasciato definitivamente distrutto nel fisico e nella psiche), Jack Crawford, direttore della Scuola di Polizia di Quantico, ormai prossimo alla pensione e con la moglie Bella in fin di vita, non ha più nessuno da lanciare alla caccia dello scuoiatore pazzo. Decide, allora, di servirsi di una aiutante ancora inesperta (ma giudicata già abbastanza abile da poter prendere il posto di Graham) e di chiedere la 'consulenza' indiretta del dottor Lecter. Questi accetta in cambio del racconto della storia dell'infanzia e dell'adolescenza di Clarice. Nel sottile gioco di dare ed avere che si instaura, Lecter si rivela protagonista assoluto. Se, in Red Dragon, egli era stato soltanto il "doppio" malvagio di Graham, in The Silence of the Lambs vuole essere qualcosa di più: il deus ex machina dell'intera vicenda. Il patto che egli stringe con Clarice (la vita interiore della futura agente FBI in cambio del vero nome dell'assassino prima che uccida la sua ultima vittima, Catherine Baker Martin, figlia di una influente esponente del Congresso), rivela, da un lato, la biografia 'segreta' della ragazza, dall'altro, conduce al trionfo finale dello psichiatra. Servendosi del nome dello 'scuoiatore folle' (che, peraltro, egli già conosce e che ha deciso di rivelare poco a poco, in cambio di alcune lievi attenzioni dello stato di strettissima vigilanza cui è sottoposto e come se si trattasse di una sua personale intuizione), Lecter riesce a farsi trasferire dal manicomio criminale di Baltimora ed, infine, con un macabro stratagemma, a recuperare la libertà. Ma, prima di attuare la sua fuga, nell'ultimo colloquio con Clarice, le lascia indicazioni tali da permetterle di individuare l'assassino(40).
Con le sue dichiarazioni enigmatiche e con il suo silenzioche spesso è più rivelatore delle fluenti, ma sovente inutili concioni che declama per depistare i suoi ascoltatori, Lecter rivela, sottilmente, quasi inconsapevolmente, la verità a Clarice. In questo modo, si assicura una parte da protagonista in tutta la vicenda e risulta il personaggio più significativo del romanzo. Ed, infatti, ciò che è veramente nuovo in The Silence of the Lambs non è certamente la figura dell'assassino che 'colleziona' la pelle delle donne che ha ucciso per farsene dei vestiti che lo facciano assomigliare (almeno nell'aspetto esteriore) alla Donna che vorrebbe essere. Il fatto stesso che ]ameame Gumb strappi delicatamente la pelle alle donne che tiene prigioniere e che agisca sulla base del desiderio di trasformare se stesso attraverso la distruzione di ciò che sente di essere non è, comunque, originale. Il macabro rituale cui Buffalo BilI sottopone le proprie disgraziate vittime è presente in almeno due romanzi di Ed McBain (41) ed il tema della follia da collezione è al centro del primo, fortunato romanzo dello scrittore inglese John Fowles (42). Il protagonista assoluto di The Silence of the Lambs resta, nel bene o nel male, il simbolosimbolo della ragione che si rovescia nell'orrore, dell'orrore che è in se stesso ragione: uno psichiatra che cura le menti portandole alla follia ed i corpi riducendoli in pezzi. Una contraddizione vivente: tale è il dottor Hannibal Lecter.

NOTE
(24) Thomas Harris, Black Sunday (1975), trad. It. di B. Oddera, Sperling & Kupfer, Milano 1989, pp. 90-91.
(25) Cfr. Morton D. Paley, William Blake, The Greenwich House, New York 1983.
(26) Thomas Harris,