Musalsalat - Le soap opera del Ramadan
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Musalsalat
Le soap opera del mese sacro islamico

 



Durante il Ramadan (che quest'anno inizia il 13 settembre) nelle tv mediorientali e nordafricane spopolano le musalsalat, fiction simili a quelle occidentali. Ma non c'è solo intrattenimento: sempre più spesso si toccano anche argomenti scottanti. Come quella soap sul terrorismo...


Chiara Zappa


Il tramonto è calato, la giornata di digiuno è finita. Tutta la famiglia si riunisce intorno alla tavola imbandita e, una volta consumato l'iftar, il pasto che rompe l'astinenza da cibo e acqua, si sistema comoda davanti alla tv. È la scena che si ripeterà anche quest' anno in milioni di case musulmane, dal Maghreb ai Paesi del Golfo Persico, ogni sera del prossimo Ramadan, che inizierà il 13 settembre. Le soap opera del mese sacro islamico, le musalsalat, sono un fenomeno di massa nei Paesi musulmani dove, dal mattino fino a notte fonda, queste fiction di trenta episodi - una per ogni giorno del Ramadan, appunto - si susseguono su tutti i canali tv senza soluzione di continuità. Trame e retroscena delle soap, create dai migliori sceneggiatori e registi e impreziosite dalla presenza degli attori più famosi, restano per un mese al centro delle chiacchiere da bar così come dei dibattiti sui mass media. Le più seguite - e le più ambite dagli investitori pubblicitari - sono quelle in onda in prima serata, quando riunirsi tra amici e parenti sul divano di casa, ma anche nei bar e nei locali, per commentare insieme le celeberrime serie televisive, è una tradizione consolidata.
L'avvento nei Paesi arabi di moltissimi nuovi canali satellitari privati ha recentemente portato un'ondata di novità anche nelle telenovelas del Ramadan, il cui scopo «storico» è quello di educare il pubblico. Più morigerate rispetto alle soap occidentali, le musalsalat sono infatti spesso portatrici di messaggi morali graditi ai governi, che non di rado non solo selezionano le produzioni consone alla trasmissione, ma ne foraggiano la realizzazione. In questi anni, tuttavia, l'improvviso moltiplicarsi dei canali regionali, con la forte crescita dell'audience potenziale e quindi delle opportunità pubblicitarie, ha mischiato le carte della grande partita dell'emittenza tv.
Se da una parte il forte impulso alla produzione (l'anno scorso sono state addirittura un centinaio le fiction tv realizzate per il Ramadan) ha avuto in certi casi un effetto negativo sulla qualità dei nuovi format, spesso smaccatamente commerciali, dall'altra proprio la possibilità di scelta tra un'offerta ampia e variegata ha dato modo al pubblico di dimostrare la propria disaffezione nei confronti di trame troppo superficiali e di formule scontate, premiando al contrario sperimentazioni più coraggiose. Non è un caso che la leadership nel settore, detenuta tradizionalmente dall'Egitto con i suoi serial giocati tutti sui personaggi interpretati dalle «solite» star come Nour Al Sharif o Hanan Turk -, sia sempre più insidiata dalle produzioni siriane, i cui messaggi politici e sociali sono particolarmente coraggiosi.


IN SCENA IL KAMIKAZE
Proprio la Siria - tra i Paesi più secolarizzati della regione, nonostante la sua inclusione nella lista nera degli Stati canaglia stilata dagli Usa - è protagonista di un recente fenomeno di grande interesse: l'ingresso di un tema delicato come quello del terrorismo, e del suo impatto sulle società arabe, nelle trame di numerose musalsalat trasmesse sulle tv satellitari dei Paesi del Golfo e del Medio Oriente e seguite con grande interesse non solo da milioni di spettatori nei luoghi di produzione, ma anche dagli immigrati musulmani in Occidente.
Siriano è Najdat Anzour, il regista della fiction a puntate che ha rappresentato il «caso» del Ramadan 2006: Al Mariqoun («Gli ipocriti»). La serie, trasmessa dalla televisione libanese Lbc, ha portato sugli schermi - e al centro di un dibattito infuocato - temi scottanti come l'indottrinamento dei giovani kamikaze da parte delle organizzazioni terroristiche o le difficoltà incontrate dalle comunità musulmane in Occidente dopo l'11 settembre e dopo gli attentati di Londra di due anni fa. Ancora più scalpore aveva provocato, nel Ramadan del 2005, la produzione, sempre siriana, Al Hawr al Ayn («Le vergini del Paradiso»), andata in onda sul canale satellitare saudita (ma con sede a Dubai) Mbc e dedicata alle storie di famiglie libanesi, egiziane, siriane e giordane emigrate in Arabia Saudita in cerca di fortuna e rimaste coinvolte nell'attentato che nel 2003 a Riyadh causò 17 vittime e oltre cento feriti. Il titolo della fiction, che allude alle 72 vergini che il Corano prometterebbe ai martiri della fede, fu considerato blasfemo da molta stampa saudita e dagli esponenti dell'islam radicale, ma, nonostante le minacce di morte ricevute dal cast e una petizione degli islamisti affinché il re intervenisse per vietare la serie, le trasmissioni sono proseguite. La Mbc ha dovuto precisare che il programma non intendeva ridicolizzare la religione. È stato essenziale, in realtà, il sostegno alla fiction da parte delle stesse autorità saudite, che avevano addirittura dato agli autori accesso ad alcuni documenti d'archivio tratti dall'inchiesta sugli attentati, visto l'interesse dell'establishment a scoraggiare l'estremismo religioso.


SATIRA E CENSURA
È un fatto che i governi arabi mantengono un controllo quasi completo sugli argomenti delle telenovelas del Ramadan, permettendo agli sceneggiatori di toccare solo quei temi controversi ritenuti opportuni. In molti Paesi la censura sulle fiction tv, anche quelle autoprodotte e destinate alla diffusione su emittenti private, resiste. In Egitto commissioni ministeriali controllano ogni anno le soap opera destinate ad andare in onda durante il mese sacro. All'indice, oltre naturalmente al sesso, all'alcool e, recentemente, al fumo, anche tabù più decisivi: sono molti i produttori e i registi che lamentano il divieto di sottoporre alla riflessione del pubblico temi legati alla religione o alla politica, come la democrazia o la costruzione della pace in Medio Oriente. Eppure, le reazioni del pubblico alle soap impegnate dimostrano la voglia della società civile araba di affrontare, anche stando seduta davanti al piccolo schermo alla fine di una giornata di digiuno, argomenti seri e controversi.
Tutto fa pensare, dunque, che il nuovo trend delle musalsalat sia destinato a consolidarsi in questo Ramadan 2007 (13 settembre-11 ottobre), per il quale è in programma, tra l'altro, una fiction sulle reazioni del mondo islamico alle vignette satiriche danesi del gennaio 2006, che sicuramente farà discutere. A proposito di satira, le risate sono già state provocatorie anche sulle tv arabe, viste le forti polemiche scatenate l'anno scorso da alcuni episodi della musalsala ironica Tash ma tash («Sarà quel che sarà»), trasmessa dalla Mbc da vari anni e sopravvissuta a varie fatwa (il parere giuridico su una questione particolare dato da uno specialista della legge islamica). Quest'anno punterà a far riflettere a colpi di battute di spirito un'altra grande novità del prossimo Ramadan: la prima sit-com araba ripresa dal vivo, sul modello dell'americana Friends. Il titolo della nuova serie, diretta dal libanese Assad Fouladkar e prodotta da Egypt's Screen 2000 e Lebanon's Sabbah Media Corporation in collaborazione con la Egyptian Media Production City, si intitolerà Ragel wa sit sittat («Un uomo e sei signore»). Sulla scena, ripresa davanti al pubblico in studio, la star comica egiziana Ashraf Abdel Baki interpreterà un padre circondato da moglie, figlia, sorella, madre, suocera e cognata. Potenzialmente, un set ideale per mettere in scena, oltre a sketch divertenti, tanti aspetti delle complesse regole e tradizioni legate alle relazioni tra uomini e donne nel mondo islamico. Staremo a vedere, ciotola di harira in una mano e telecomando nell'altra.


http://www.popoli.info/anno2007/08/0708art4.htm



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